Welfare > Sanità
Analisi dei dati forniti dal rapporto Ocse "Health at a glance"

Sanità: paesi europei a confronto
L'Italia mostra luci e ombre 

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Bene la bassa mortalità e l'attesa di vita. Carenza di infermieri e meno posti letto rispetto alle nazioni più avanzate. La percentuale della spesa sul pil ci colloca a metà tra Ovest e Est. Criteri e avvertenze per una valutazione

Confrontare la sanità di paesi diversi è impresa molto ardua per diverse ragioni: è differente la struttura organizzativa dei servizi sanitari, è diverso il ruolo relativo di pubblico e privato e così la loro rilevanza, non sono gli stessi i servizi (e le prestazioni) che vengono erogati, è differente il ruolo dei cittadini e la loro compartecipazione alla spesa sanitaria, sono diverse le modalità di pagamento (o rimborso) delle attività erogate, è differente la propensione degli stati a mettere risorse nel servizio sanitario, è diversa la ricchezza dei vari paesi, e così via. In apparenza si parla sempre di sanità e salute, ma in realtà si tratta spesso di paragoni tra situazioni così distanti e diverse tra loro che viene sempre il dubbio che, come si usa dire, si stiano confrontando “le pere con le mele”. Eppure, se vogliamo valutare la nostra sanità, è inevitabile il paragone con qualcosa che è fuori di noi: e l’Europa, per tanti motivi, è forse il riferimento meno lontano e meno diverso, il che non ci esime però dall’esercitare molta prudenza nel valutare il risultato del confronto.

L’Europa ha anche il pregio che da tempo le informazioni relative alle diverse nazioni sono raccolte con regole che appaiono analoghe e condivise, sono messe a disposizione con dettaglio e permettono di costruire sequenze informative abbastanza lunghe, così che il ripetuto confronto rafforza il valore informativo, corregge gli errori (almeno quelli più evidenti), e restituisce paragoni che, seppur sempre imperfetti, danno una visione di dove si collocano le differenze maggiormente rilevanti tra i diversi paesi. 

IL RAPPORTO OCSE “HEALTH A GLANCE”

Cosa possiamo imparare dalle statistiche europee sulla sanità e sulla salute? Nel contributo che segue si prova a rispondere a questa domanda con le informazioni (alcune almeno) che ci vengono proposte nell’annuale rapporto della Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE-OECD) dal titolo “Health at a glance”. Il volume contiene informazioni sullo stato di salute, sui fattori di rischio per la salute, sull’accesso ai servizi sanitari, sulla qualità e gli esiti delle cure, sugli indicatori di spesa per la salute, sugli operatori del comparto, sul settore farmaceutico, sull’invecchiamento e sulla assistenza a lungo termine.

Per il funzionamento del Servizio sanitario nazionale / 1

Medici e infermieri: quanti
ce ne serviranno? I dati attuali

Per evitare le turbolenze seguite alla pandemia da Sars-CoV-2 che ha colpito in maniera differente i paesi dell’Europa modificando in modo non del tutto determinabile le statistiche sia sulla sanità (servizi sanitari) che sulla salute, per avere un resoconto non distorto del contesto europeo si è preferito utilizzare i dati del 2019 anziché quelli più recenti (2021-2022) dove l’effetto pandemico ha influenzato molti indicatori.

Inoltre, considerata la mole e la diversa affidabilità delle informazioni contenute nel rapporto sono stati selezionati solo alcuni indicatori considerati più rappresentativi o meno soggetti ad essere influenzati dalle metodologie di raccolta. 

Quattro sono i capitoli presi in esame: lo stato di salute delle nazioni, esaminato attraverso il tasso di mortalità standardizzato per età e la attesa di vita alla nascita; l’offerta di servizi sanitari, letta come medici, infermieri e posti letto in relazione agli abitanti; la spesa sanitaria, intesa sia come spesa pro-capite che come rapporto percentuale rispetto al PIL (Prodotto interno lordo); alcune relazioni tra coppie di variabili. L’obiettivo non è quello di costruire delle classifiche tra nazioni, anche se per alcuni degli indicatori rappresentati il posizionamento ha comunque il sapore di una classifica (vedi la mortalità o l’attesa di vita), bensì quello di proporre come si colloca il nostro paese rispetto alle altre nazioni dell’Europa.  

STATO DI SALUTE

Mortalità generale e attesa di vita alla nascita sono i due più importanti indicatori per valutare complessivamente lo stato di salute di un territorio. La figura 1 riporta il tasso standardizzato per età di mortalità generale per 100.000 abitanti nelle diverse nazioni (pannello superiore).

Figura 1. Tasso standardizzato di mortalità generale per 100.000 abitanti (pannello superiore) e attesa di vita alla nascita (pannello inferiore). Anno 2019. Fonte: OCSE.

L’Italia non è il paese con la mortalità più bassa però fa parte sicuramente dei territori a mortalità inferiore: hanno una mortalità più alta alcune importanti nazioni (esempio: Regno Unito e Germania) oltre a tutto l’est europeo. Risultato analogo si osserva considerando l’attesa di vita alla nascita (pannello inferiore): in questo caso solo Spagna e Svizzera hanno una attesa di vita superiore a quella del nostro paese, e sono sempre le nazioni dell’est europeo a presentare i valori peggiori dell’indicatore.

Naturalmente, i due indicatori esaminati rendono statisticamente conto dello stato di salute complessivo di una popolazione, ma non forniscono alcuna informazione per spiegare o giustificare i valori (buoni o cattivi) riscontrati.  

A solo titolo di esempio si può aggiungere che sempre dalle statistiche dell’OCSE si ricava che nel nostro paese gli adulti fumano come la media delle nazioni europee (si fuma meno nelle regioni nordiche); bevono di meno della media europea; hanno il tasso di sovrappeso più basso tra le nazioni valutate: si tratta solo di indizi esemplificativi perché come noto la mortalità e la attesa di vita dipendono da un numero enorme di fattori sia individuali (abitudini di vita, dieta, hobbies, condizione sociale, …) che di popolazione (condizioni ambientali e lavorative, ricchezza, deprivazione, genetica, sanità, …). 

L’OFFERTA DI SERVIZI SANITARI

Mentre quando si parla di stato di salute è evidente che una mortalità più bassa ed una attesa di vita più elevata rappresentano condizioni più favorevoli ed una situazione di salute migliore, quando si esamina l’offerta di servizi sanitari attraverso, come qui si farà, il tasso di medici, di infermieri e di posti letto, il primo problema che si pone è che viene a mancare il concetto di cosa si debba intendere per “offerta migliore”: quanti medici, infermieri, posti letto, è meglio avere? Una vera risposta non c’è e tutto dipende dalla organizzazione complessiva del servizio sanitario di un paese, dai suoi obiettivi specifici e dalle conseguenti priorità, dalle risorse disponibili, e così via. Ne discende che le statistiche proposte ed i confronti che vengono effettuati hanno sostanzialmente un significato descrittivo, narrativo, ma non producono alcun elemento di valutazione, nel senso di un risultato che può essere giudicato migliore ovvero peggiore di un altro. Avere più (meno) medici di altri paesi, ad esempio, è semplicemente un dato statistico che dà ragione di un confronto: non rappresenta alcuna valutazione di qualità (nel senso di migliore ovvero peggiore) di un servizio sanitario e non costituisce di per sé alcun obiettivo da raggiungere, nonostante sia frequente additare i paesi che hanno i valori più alti come quelli da imitare. 

Per il funzionamento del Servizio sanitario nazionale / 2

Medici e infermieri: quanti
ce ne serviranno? Il caso è serio

PERSONALE SANITARIO

La figura 2 presenta il numero di medici (pannello superiore) e di infermieri (pannello inferiore) ogni 1.000 abitanti. Come si osserva, il nostro paese è posizionato nella parte sinistra della figura per quanto riguarda i medici e nella parte destra per quanto riguarda gli infermieri: in altre parole, da una parte siamo tra le nazioni che hanno un tasso di medici superiore alla media, ma dall’altra siamo tra quelle che hanno pochi infermieri.  

Figura 2. Medici per 1.000 abitanti (pannello superiore) e infermieri per 1.000 abitanti (pannello inferiore). Anno 2019. Fonte: OCSE.

 

Il risultato emerge meglio se facciamo il rapporto tra medici e infermieri (figura 3).  

Figura 3. Rapporto tra medici e infermieri. Anno 2019. Fonte: OCSE.  

 

Mentre la lettura dei dati sui medici (figura 2, pannello superiore) mostra che ci sono nazioni molto importanti che hanno valori superiori (Germania, Spagna) a quelli dell’Italia ed altre nazioni altrettanto rilevanti (Francia, Regno Unito) con valori inferiori, la lettura dei dati sugli infermieri evidenzia che tutte le nazioni più importanti hanno valori superiori al nostro paese, indicando come ad oggi il problema del personale sanitario risieda di più nella carenza di infermieri che non in quella di medici. E’ anche da segnalare la maggiore variabilità tra nazioni che esiste per gli infermieri rispetto ai medici, indice delle diverse scelte organizzative effettuate dalle differenti nazioni.

POSTI LETTO Se guardiamo l’offerta di posti letto ogni 1.000 abitanti (figura 4) l’immagine che emerge è simile a quella degli infermieri: da una parte il nostro paese si colloca nella coda di destra della distribuzione, cioè tra i paesi con meno posti letto; dall’altra la variabilità tra nazioni è molto elevata a dimostrazione della diversa modalità con cui i paesi affrontano il tema salute.  

Figura 4. Letti per 1.000 abitanti. Anno 2019. Fonte: OCSE

 

Considerando complessivamente gli indicatori di offerta, non essendo definito un modello unico di servizio sanitario risulta difficile identificare la nazione (o le nazioni) migliore e quella peggiore, perché venendo a mancare il cosiddetto “valore di riferimento” (o valore preferibile, migliore, benchmark, …) non si possono individuare le nazioni che più si avvicinano (o si allontanano) da questo valore. Utilizzare la media europea per i parametri di offerta sanitaria ha un puro significato statistico ma non rappresenta alcun obiettivo per uno specifico servizio sanitario se non quello, indiretto, di sollecitare una riflessione attorno alle modalità organizzative ed alle risorse da mettere in gioco affinchè l’offerta risponda al bisogno (o alla domanda).  

GLI INDICATORI ECONOMICI

Sotto questo ombrello è consuetudine considerare due elementi: da una parte la ricchezza complessiva di una nazione espressa dal suo Pil, dall’altra il valore della spesa dedicata al settore sanitario. Gli indicatori specifici più utilizzati sono il rapporto percentuale tra la spesa sanitaria e il Pil, e la spesa sanitaria pro-capite.

La figura 5 presenta nel pannello superiore il rapporto spesa/Pil, rapporto che rappresenta la propensione che una nazione ha a mettere risorse nel settore sanitario, e mostra l’Italia al centro della distribuzione, ma facendo attenzione si osserva che alla sua sinistra (cioè rapporto più elevato) si trovano tutte le nazioni europee più importanti mentre alla sua destra (rapporto più basso) si trovano essenzialmente tutte le nazioni dell’est Europa. Fa eccezione per questo indicatore il Lussemburgo, il paese in cui il rapporto spesa/Pil è il più basso: la spiegazione risiede principalmente nel valore molto elevato del Pil del  Lussemburgo e nel fatto (che esamineremo successivamente) che la spesa sanitaria sembra avere un plateau nelle nazioni più ricche.  

Figura 5. Rapporto percentuale tra spesa sanitaria e Prodotto Interno Lordo (pannello superiore) e spesa sanitaria pro-capite in dollari (pannello inferiore). Anno 2019. Fonte: OCSE.  

Il pannello inferiore della figura 5 riporta la distribuzione della spesa sanitaria pro-capite e conferma il posizionamento centrale dell’Italia come snodo di separazione tra l’est Europa, che spende di meno, e l’ovest che spende di più. Anche per gli indicatori economici non c’è un valore di riferimento e sul significato della loro distribuzione vale quanto già detto per gli indicatori di offerta.  

RELAZIONI TRA COPPIE DI VARIABILI

Fin qui gli indicatori esaminati sono stati analizzati individualmente. Osservazioni stuzzicanti (in senso speculativo) possono emergere dalla valutazione congiunta di più indicatori che nel seguito, per dare l’idea di come proseguire l’analisi mantenendo però semplice e facilmente comprensibile il risultato, è stata limitata al caso di coppie di variabili. Nella figura 6 è rappresentata la relazione tra una variabile economica ed un indicatore di salute: nel pannello superiore sono esaminati la spesa pro-capite ed il tasso di mortalità, in quello inferiore la spesa pro-capite e l’attesa di vita alla nascita. In entrambe le figure si osservano due gruppi di nazioni, quelle che spendono all’anno per la sanità di più di 4.000 dollari pro-capite e quelle che ne spendono di meno, con l’Italia e la Spagna che fanno da spartiacque tra i due gruppi.  

Figura 6. Relazione tra spesa sanitaria pro-capite (in dollari) e tasso standardizzato di mortalità generale per 100.000 abitanti (pannello superiore) e tra spesa sanitaria pro- capite (in dollari) e attesa di vita alla nascita (pannello inferiore). Anno 2019. Fonte: OCSE.

 

Tra le nazioni che spendono di meno di 4.000$ si osserva una forte relazione tra spesa sanitaria e mortalità (o attesa di vita), relazione che indica che all’aumento della spesa corrisponde una forte diminuzione del tasso di mortalità (o un aumento della attesa di vita). Tra le nazioni che spendono di più di 4.000$ pro-capite all’anno l’aumento di spesa non sembra produrre un beneficio di rilievo né alla mortalità e neppure alla attesa di vita alla nascita. L’ultima figura di questo contributo (figura 7) mostra la relazione tra il Prodotto interno lordo (Pil) pro-capite in dollari e la spesa sanitaria pro-capite (sempre in dollari). Come si osserva le nazioni meno ricche (Pil minore) mettono meno risorse in sanità (spesa inferiore), e sono tutte nazioni dell’est Europeo. La figura dice, inoltre, che al crescere del Pil cresce anche la spesa sanitaria ma non indefinitamente, perché arrivati ad un Pil attorno a 50.000$ anno un ulteriore aumento di Pil non sembra stimolare un ulteriore aumento della spesa sanitaria, spesa che sopra a tale valore di Pil sembra avere un plateau (o una crescita molto modesta).

Figura 7. Relazione tra Prodotto Interno Lordo pro-capite e spesa sanitaria pro-capite (in dollari). Anno 2019. Fonte: OCSE.

Sono solo alcuni esempi che indicano la potenzialità informativa che hanno i dati disponibili e suggeriscono la strada che si può percorrere per effettuare analisi multivariate (più di due variabili per volta), cioè più complesse.  Con questo contributo si è voluto esplorare come si colloca la sanità italiana nel contesto europeo, una collocazione che, al netto della prudenza con cui devono essere valutati questi confronti, rivela la presenza di luci ed ombre che stimolano la riflessione su diversi aspetti del servizio sanitario, ben consapevoli che nella riflessione non va preso in esame solo il servizio sanitario in quanto tale ma bisogna considerare molti altri fattori che possono influenzare gli indicatori che sono stati riportati. Lo sport di prendere in esame singoli indicatori per evidenziare l’esistenza di un problema porta a “vincere facile” (esempio: la nostra spesa pro-capite è inferiore a quella di …; i medici ogni 1.000 abitanti sono di meno di quelli di …), ma non aiuta a migliorare il servizio sanitario, soprattutto se non prende in esame il contesto generale che produce quegli indicatori. Il servizio sanitario è un sistema complesso inserito in un quadro più generale dal quale è sicuramente condizionato, con il quale si relaziona attraverso modalità non sempre prevedibili e che non sono tutte nelle mani del programmatore sanitario: da qui nascono le scelte che è obbligatorio fare e che necessariamente daranno luogo a contrapposte discussioni

 

 

 

 

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