Mancanza di indicazione delle quantità da erogare, assenza di connessione con il livello di finanziamento, incompletezza del sistema di valutazione: così Il principio (giusto) dei LEA non è ben applicato e rimane astratto. Urge un profondo ripensamento
Dopo un lungo e faticoso tira e molla durato circa sei anni nel mese di aprile 2023 la Conferenza Stato-Regioni ha approvato le nuove tariffe delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di assistenza protesica, e questo provvedimento ha permesso di riparlare dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Ma cosa sono i LEA? E perché sono considerati importanti? In questo contributo proviamo a fare un po’ di chiarezza, partendo dall’inizio ma senza la pretesa di ricostruire la storia da Adamo ed Eva.
A scopi pratici si può fissare l’origine dei LEA nel DL 30.12.1992 n. 502, recante “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”, ed in particolare nell’art. 1 del decreto che porta come intestazione “Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza”.
I CAPISALDI FONDAMENTALI
In questo articolo sono fissati i capisaldi fondamentali dei LEA, capisaldi costituiti dai seguenti elementi:
- (comma 2) “Il servizio sanitario assicura … i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi di dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse”
Sistema Sanitario Nazionale:
tutti i numeri per conoscerlo
- (comma 3) “L’individuazione dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza assicurati dal Servizio sanitario nazionale … è effettuata contestualmente all’individuazione delle risorse finanziarie destinate al servizio sanitario nazionale”
- (comma 4) “Le prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza sono garantite dal servizio sanitario nazionale a titolo gratuito o con compartecipazione alla spesa, nelle forme e secondo le modalità previste dalla legislazione vigente”
- (comma 6) ”I livelli essenziali di assistenza comprendono A) l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro; B) l’assistenza distrettuale; C) l’assistenza ospedaliera”
- (comma 7) “Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che: A) non rispondono a necessità assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori del SSN; B) non soddisfano il principio dell’efficacia e dell’appropriatezza; C) … non soddisfano il principio dell’economicità nell’impiego delle risorse”.
I TRE GRANDI LIVELLI
Il DL 52/1992 ha definito i principi con cui identificare i LEA, ma non ha individuato nei dettagli il loro contenuto: questo compito se lo è assunto invece il DPCM 29 novembre 2001 “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”, aggiornato poi con il DPCM 12 gennaio 2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”. Con questi DPCM vengono individuati tre grandi livelli, che hanno il seguente contenuto:
PREVENZIONE COLLETTIVA E SANITÀ PUBBLICA, che comprende tutte le attività di prevenzione rivolte alle collettività ed ai singoli; in particolare: sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive e parassitarie, inclusi i programmi vaccinali; tutela della salute e della sicurezza degli ambienti aperti e confinati; sorveglianza, prevenzione e tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; salute animale e igiene urbana veterinaria; sicurezza alimentare - tutela della salute dei consumatori; sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche, inclusi la promozione di stili di vita sani ed i programmi organizzati di screening; sorveglianza e prevenzione nutrizionale; attività medico legali per finalità pubbliche.
Sanità, nei modelli di valutazione
dare spazio all’ottica del paziente
ASSISTENZA DISTRETTUALE, che comprende le attività e i servizi sanitari e socio-sanitari diffusi sul territorio, così articolati: assistenza sanitaria di base; emergenza sanitaria territoriale; assistenza farmaceutica; assistenza integrativa; assistenza specialistica ambulatoriale; assistenza protesica; assistenza termale; assistenza sociosanitariadomiciliare e territoriale; assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale.
ASSISTENZA OSPEDALIERA, articolata nelle seguenti attività: pronto soccorso; ricovero ordinario per acuti; day surgery; day hospital; riabilitazione e lungo degenza post acuzie; attività trasfusionali; attività di trapianto di cellule, organi e tessuti; centri antiveleni (CAV).
In aggiunta a questi elenchi di attività i DPCM hanno messo a disposizione delle informazioni più dettagliate come le seguenti: gli elenchi delle malattie rare e delle malattie croniche e invalidanti che danno diritto all’esenzione dal ticket; i nomenclatori della specialistica ambulatoriale e dell’assistenza protesica. Inoltre, con la recente approvazione delle tariffe della specialistica ambulatoriale e dell’assistenza protesica diventa effettivamente operativo il citato DPCM 12 gennaio 2017, che senza questo atto risultava monco.
Da ultimo, presso il Ministero della salute è stato istituito il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (Comitato LEA), cui è affidato il compito di verificare l’erogazione dei LEA in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle risorse, nonché la congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione dal Servizio Sanitario Nazionale.
Questo Comitato produce periodicamente un documento di valutazione, facendo ricorso ad una metodologia sinteticamente definita “griglia LEA”, con il quale si forniscono informazioni che (alla luce della metodologia stabilita e periodicamente aggiornata) permettono di capire se una regione eroga (ovvero non eroga) i LEA. All’esito della valutazione, se del caso viene attivato un processo di audit con le singole regioni e province autonome nell’ottica di promuovere un percorso di miglioramento continuativo dell’;erogazione dei LEA. Questa valutazione è parte integrante del sistema di verifica degli adempimenti cui sono tenute le regioni per accedere alla quota integrativa prevista dall’art. 2, comma 68, della legge n. 191 del 23 dicembre 2009.
LEA NON GARANTITI IN SETTE REGIONI
La valutazione più recente è stata pubblicata nel mese di maggio 2023 ed è riferita ai dati dell’anno 2021: 7 sono le regioni che non sono riuscite a garantire pienamente i LEA (Valle d’Aosta, P.A. Bolzano, Molise, Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna: in una o più macroaree), un risultato senza dubbio condizionato dall’evento pandemico, migliore rispetto al 2020 quando erano 10 quelle che non avevano garantito i livelli essenziali, ma ancora decisamente insufficiente.
Come si sta ridisegnando
la funzione degli ospedali
In termini generali, nell’area della Prevenzione risultano deficitarie le coperture vaccinali in età pediatrica; nell’area Distrettuale, maggiore attenzione va dedicata ai ricoveri prevenibili in età pediatrica, all’intervallo allarme target dei mezzi di soccorso, alle prestazioni in classe di priorità B (breve) ed agli assistiti dalla rete di cure palliative (con solo 5 Regioni sopra la soglia di sufficienza); e nell’area Ospedaliera occorre migliorare la percentuale di pazienti con più di 65 anni con diagnosi di frattura del collo del femore operati entro 2 giorni in regime ordinario, che nel 2021 ha registrato un peggioramento in 9 regioni.
PRESTAZIONI ULTERIORI
A completamento di questa architettura istituzionale, alle Regioni è stata data la facoltà di erogare servizi e prestazioni cosiddette “ulteriori” rispetto a quelle incluse nei LEA: le Regioni che vorranno avvalersene, però, per erogare questi servizi dovranno utilizzare risorse proprie al di fuori di quelle ricevute come Fondo sanitario nazionale.
Quello descritto è il disegno complessivo attorno al quale ruota il concetto di LEA, concetto piuttosto interessante nel momento in cui da una parte definisce esplicitamente un insieme di servizi e prestazioni la cui erogazione è considerata essenziale ed indica le modalità della loro erogazione (equità, qualità, appropriatezza, economicità, …), dall’altra collega esplicitamente l’essenzialità erogativa con la disponibilità delle risorse. Si tratta ora di capire se con questa impostazione si è affermato un principio astratto oppure si è indicato un percorso praticabile e valutabile: è quello che faremo nel seguito, non prima però di trovare a tradurre cosa dice a noi cittadini questa costruzione legislativa.
CHE COSA VIENE ASSICURATO?
Vengono assicurati prestazioni e servizi (elencati con dettaglio nel Dpcm 12 gen. 2017) che dovrebbero avere i requisiti indicati (rispondere ai principi di: dignità della persona, bisogno di salute, equità nell’accesso, qualità delle cure, appropriatezza, economicità). Per esempio: i ricoveri ospedalieri, un elenco definito di prestazioni ambulatoriali e di farmaci, un insieme di attività di prevenzione collettiva e sanità pubblica, l’emergenza sanitaria territoriale (118), l’assistenza protesica, l’assistenza termale, l’assistenza sociosanitaria domiciliare e territoriale, residenziale e semiresidenziale, e così via.
Con risorse pubbliche, ma contestualmente all’individuazione delle risorse finanziarie destinate al Ssn. Cioè: paga lo Stato (con le risorse raccolte attraverso la fiscalità generale, cioè le tasse) ma con un vincolo: la quantità di risorse che la politica decide di mettere a disposizione del Ssn (in realtà per le prestazioni ambulatoriali, per i consumi farmaceutici, per alcuni servizi socio-sanitari, etc., c’è anche una quota di partecipazione dei cittadini).
TUTTO GRATIS?
In sintesi: tutto, (quasi tutto) gratis, a tutti. A dire il vero quello che sembra “tutto” in realtà non è così: qualche esempio. La gran parte delle cure dentistiche è esclusa dai Lea; le medicine cosiddette alternative (agopuntura, ayurvedica, omeopatia, naturopatia, medicina cinese e orientale…) sono escluse, e così via: se ne deve dedurre che non rispettano i principi che portano all’essenzialità o che non ci sono i soldi per pagarle? Ma la domanda vale anche al contrario: siamo proprio sicuri che tutto quello che si eroga in ospedale, tutte le prestazioni ambulatoriali che sono comprese in elenco, e così tutti i farmaci del nomenclatore rispondano ai principi che portano all’essenzialità o meritino di essere finanziate con le tasse? Abbiamo molti dubbi in proposito.
UN PERCORSO TEORICO
Volendo schematizzare il percorso dei LEA alla luce dei principi fissati nella normativa si dovrebbero distinguere i seguenti passaggi:
a. Definizione delle singole attività (Ai) che fanno parte dei LEA
b. Attribuzione ad ogni attività A i di un valore economico (prezzo, tariffa, costo, …: TAi )
c. Identificazione del numero di servizi/prestazioni da erogare per ogni singola attività A i (NPAi )
d. Individuazione del valore complessivo del Fondo Sanitario Nazionale (FSN LEA ) per erogare i LEA, attraverso il prodotto:
dove k è l’elenco di tutte le attività (Ai) LEA.
COSA È SUCCESSO IN PRATICA?
a. Le singole attività (A i ) che fanno parte dei LEA sono state definite (DPCM 29 novembre 2001) e successivamente aggiornate (DPCM 12 gennaio 2017)
b. Per una buona parte delle attività A i sono state definite delle tariffe (un valore economico: T Ai ): prestazioni ambulatoriali, ricoveri ospedalieri, protesica, …
c. Nessuno sforzo è stato invece fatto per determinare il numero delle singole attività (servizi/prestazioni: NP Ai ) da erogare e pertanto non è possibile individuare il corrispondente valore di FSN LEA .
Individuare i valori di NP Ai non è un problema semplice né dal punto di vista concettuale-teorico, né dal punto di vista tecnico-pratico, e gli eventuali valori (qualora determinati) avrebbero potuto portare ad un FSN LEA inferiore oppure superiore all’attuale FSN, con ovvie conseguenze: nel primo caso la riduzione del finanziamento, nell’altro caso (FSN LE; FSN) ovvi problemi di sostenibilità da parte del sistema paese.
A fronte di queste difficoltà si è adottata allora un’altra strada: con criteri e scelte (ovviamente sempre discutibili) riconducibili in senso lato al tema della sostenibilità (economica) si è identificato il valore di FSN; si è fatto coincidere questo valore di FSN con il valore di FSN LEA ; e si è detto alle Regioni di erogare tante attività LEA (NPAi), nella combinazione lasciata libera ad ogni regione, fino al raggiungimento di FSN LEA . Infine, per dare un po’ di omogeneità (nel senso di almeno alcuni elementi quantitativi comuni) alla erogazione dei servizi/prestazioni LEA, è stata definita, per un piccolo gruppo di attività, una griglia di valori numerici da rispettare, valori che costituiscono anche un percorso metodologico per sottoporre a valutazione quantitativa l’erogazione dei LEA.
Facciamo un esempio pratico. Il primo indicatore della griglia LEA (in sigla: P01C) valuta la copertura vaccinale nei bambini a 24 mesi per ciclo base (polio, difterite, tetano, epatite B, pertosse, Hib), e fissa il valore soglia al 95%. Le regioni che non superano tale livello soglia sono considerate deficitarie nella erogazione di tale servizio/prestazione che si considera essenziale.
GLI INDICATORI
Questo approccio procede per tutti gli altri indicatori, che sono in totale 88 così suddivisi:
16 per la prevenzione collettiva e sanità pubblica, 33 per l’assistenza distrettuale, 24 per l’assistenza ospedaliera, 4 indicatori di contesto per la stima del bisogno sanitario, 1 indicatore di equità sociale, 10 indicatori per il monitoraggio e la valutazione dei percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali (PDTA). Per i dettagli sui singoli indicatori (e non solo) si vedano le pagine web del Ministero della Salute dedicate ai LEA. Di questi 88 indicatori 22 sono considerati “core” e sono quelli che vengono poi utilizzati in pratica per sottoporre a verifica l’erogazione dei LEA nelle singole regioni.
Il processo tecnico di verifica è ben descritto negli atti amministrativi che lo hanno definito ed ai quali si rimanda (sempre alle pagine LEA del Ministero della Salute). Qui interessa ragionare attorno agli elementi di fondo del percorso di identificazione dei LEA e della loro valutazione, non senza prima avere però osservato che i servizi/prestazioni che compongono la lista LEA sono decine di migliaia, e che una batteria di 88 indicatori, che appare come una batteria piuttosto numerosa, in realtà può esplorare solo macro aspetti della erogazione dei livelli essenziali: ed a maggior ragione la valutazione diventa ancora più grossolana se ci si limita a considerare i 22 indicatori della serie “core” (sei per l’area della prevenzione, nove per l’attività distrettuale, sei per l’attività ospedaliera), cioè quelli effettivamente utilizzati nella valutazione pratica come quella recentemente pubblicata sui dati dell’anno 2021.
LEA E FONDO SANITARIO DISALINNEATI
Non occorre avere il pedigree di economista sanitario, essere un fine matematico, o frequentare tutti i giorni le tematiche della programmazione sanitaria per individuare i limiti e le debolezze, sia in senso concettuale che pratico, di questo approccio: vediamo di indicare gli elementi di maggiore rilievo.
Come detto sono 22 le attività per le quali sono stati definiti gli indicatori “core” di valutazione della erogazione, più 66 altri indicatori “no core”: troppo pochi, non solo ai fini della valutazione della erogazione dei LEA, ma soprattutto ai fini della applicazione della formula che dovrebbe portare alla identificazione del FSN LEA . Ed infatti qui sta il primo e sostanziale vulnus del percorso disegnato. LEA e FSN LEA dovrebbero essere definiti in accordo, ma in realtà ciò non avviene in quanto il Fondo sanitario è individuato attraverso (sempre discutibili, ovviamente) scelte di sostenibilità che prescindono dagli atti di definizione dei LEA (e delle relative tariffe). Da qui il continuo dibattito sul (da tutti sostenuto) sottofinanziamento del Servizio sanitario nazionale, dibattito che ha senso di per sé ma che non ha alcuna attinenza con la questione dei livelli essenziali. Il mancato collegamento tra le due entità (definizione dei LEA, individuazione del FSN) porta necessariamente a concludere che non potrà mai essere stabilito se il FSN definisce una quantità di risorse che è adeguata alla erogazione dei LEA, ovvero se tali risorse sono troppe o troppo poche.
Che poi ci siano regioni che spendono di più di quanto viene loro assegnato dal FSN è problema che non ha alcuna attinenza con i LEA: molte delle regioni che spendono di più sono rappresentate nell’elenco delle regioni deficitarie nella erogazione dei livelli essenziali, segnale che il rapporto tra il Fondo sanitario regionale ed il livello di spesa di ogni regione è dominato da molte dinamiche e fattori che poco hanno a che fare con il tema dei servizi/prestazioni essenziali.
Se la dissociazione tra la definizione dei LEA e la costituzione del fondo sanitario è il primo vulnus dell’approccio adottato, la mancata definizione di NP Ai ha anche ulteriori rilevanti conseguenze. In pratica, salvo per le 22 (+66) attività oggetto di valutazione quantitativa, per tutte le altre i LEA non sono altro che un lungo e dettagliato elenco di attività, come un listino con (per alcune voci) associate delle tariffe, attività per le quali non si è in grado di valutare se siano o meno erogate. Il decreto che definisce i Lea dà solo una descrizione qualitativa di ciò che si deve erogare; è sufficiente? Se, ad esempio, in una regione il tasso di accertamenti specialistici è 104 per 1.000 (Abruzzo) ed in un’altra è 55 (Trentino); se il tasso di posti letto residenziali al Nord è 966 per 100.000 ed al Sud è 314; se il tasso di ospedalizzazione è 145 per 1.000 in Emilia-Romagna e 84 in Calabria (e la lista potrebbe continuare all’infinito: sono dati Istat dell’anno più recente disponibile); possiamo dire che stiamo assicurando prestazioni e servizi essenziali ed uniformi? La pura lista di ciò che è elencato nei Lea non offre alcuna garanzia che nei territori del nostro paese venga erogato in maniera uniforme ciò che è ritenuto essenziale.
ESEMPIO DEI POSTI LETTO
Paradigmatica, in proposito, è ad esempio la distribuzione dei posti letto delle residenze per anziani nelle diverse regioni (tabella 1). Dove si può dire che è (o non è) erogato questo livello essenziale di assistenza? La troppo grande eterogeneità territoriale indica la chiara presenza di un problema, ma la mancanza di un valore di riferimento (quel termine NP Ai che abbiamo inserito nella formula), o comunque di paragone, anche sotto forma non di un numero fisso ma di una forbice che ammetta una certa variabilità territoriale, non permette di trarre alcuna conclusione sulle regioni che garantiscono o non garantiscono (tutte? nessuna? alcune sì altre no?) l’erogazione di questo livello essenziale. E’ tollerabile, in ottica LEA, una eterogeneità come quella di tabella 1? Certamente no. Si badi bene che l’esempio proposto dei posti letto delle strutture residenziali socio- assistenziali e socio-sanitarie, che è stato scelto solo perché è molto evidente il problema che descrive, si ripete per tantissime delle attività che sono considerate essenziali, il che dimostra tutte le difficoltà pratiche di applicare il principio della essenzialità se non si riescono a formulare dei valori numerici (NP Ai : di riferimento, di paragone, di accordo, …) per le attività da erogare.
Tabella 1. Strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie e posti letto, al 31 dicembre 2020. Fonte: dati ISTAT
La mancata definizione dei volumi di attività porta necessariamente come conseguenza alle drammatiche eterogeneità territoriali mostrate dall’esempio appena proposto, eterogeneità che trovano sostanzialmente la loro origine sia nella storia e nella evoluzione dei singoli servizi sanitari regionali, sia nella logica del rapporto tra domanda e offerta di servizi, e considerato che la rete di offerta non è stata disegnata in base alla domanda, e tanto meno in base alla necessità di erogare i LEA, è facile capire quale sia il carro e quale sia il cavallo. Basta vedere la dislocazione sul territorio nazionale, ad esempio, degli IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), delle cardiochirurgie, delle ortopedie, delle oncologie, e via elencando, delle strutture private (accreditate o meno), ma anche dei MMG e PLS. Per la parte ospedaliera, ad esempio, il DM 70/2015 (“Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”) che doveva, nelle intenzioni almeno, mettere ordine proprio sulla rete di offerta, al di là della adeguatezza o meno del suo contenuto, è rimasto largamente inattuato lasciando la rete di offerta ospedaliera sostanzialmente inalterata oltre che largamente datata.
DOMANDA OFFERTA E TEMPI DI ATTESA
Lo squilibrio tra domanda e offerta, a prescindere dalle ragioni che ne sono la causa e che si trovano in entrambi i fattori, è all’origine del problema dei lunghi tempi di attesa che caratterizzano moltissimi dei servizi/prestazioni che fanno parte dei LEA, ma sui tempi di attesa, problema che è in cima alle preoccupazioni di tutti i cittadini di tutte le regioni, benpoco si trova nella griglia di valutazione. Per quanto riguarda la valutazione, oltre a quanto si è già detto, è opportuno aggiungere che per ciascuno dei 22 indicatori “core” è stata elaborata una specifica funzione di valorizzazione che a partire dal valore dell’indicatore, ed applicando criteri di premialità e/o di penalizzazione, produce per ognuno di essi un punteggio su una scala da 0 a 100, con il punteggio di 60 che rappresenta la soglia della sufficienza. La tabella 2 riporta i risultati relativi all’anno 2021 e li confronta con quelli relativi al 2020.
Tabella 2. Griglia LEA. Punteggi ottenuti dalle regioni negli anni 2020 e 2021 nelle tre macroaree di valutazione. Fonte: Ministero della Salute
In rosso i valori inferiori a 60 punti (soglia di sufficienza), in verde i valori uguali o superiori
VALUTAZIONE: LA GRIGLIA LEA
Alla luce dei risultati della griglia LEA si può concludere che alcune regioni (per alcune macroaree) non erogano (ovvero erogano) i livelli essenziali di assistenza? La griglia LEA è di sicuro un sistema di valutazione, è certamente uno strumento che permette di fare una classifica (“buoni” vs “cattivi”?), è un percorso che dà l’idea che il sistema sia sotto controllo e che, prevedendo una penalizzazione economica per le regioni sotto soglia, indirizza a pensare che i “cattivi” in qualche modo sono puniti: ma da qui a concludere che, in funzione del valore dei 22 indicatori “core, i LEA siano (ovvero non siano) garantiti bisogna farne di strada! La griglia LEA appare quasi di più come un gioco che mette alla gogna le regioni con i punteggi in rosso e permette invece alle regioni con i punteggi in verde di appendere una coccarda alla propria bandiera. Se, da una parte, è evidente che i valori sotto soglia dicono che in quella regione c’è qualcosa che non ha funzionato, dall’altra, non c’è invece alcuna certezza che i valori sopra soglia siano indice di garanzia della erogazione dei LEA: sicuramente sono indice di valori più elevati (per i 22 indicatori misurati) rispetto alle regioni che hanno valori più bassi (e quindi funzionano come strumento per predisporre una classifica) ma che ciò corrisponda ad avere garantito i Livelli Essenziali di Assistenza è tutto da dimostrare.
Ancora. Non si può parlare di garanzia della erogazione dei livelli essenziali senza accennare al fenomeno dell’enorme migrazione sanitaria da Sud a Nord alla ricerca di prestazioni e servizi (soprattutto ospedalieri) che, per motivi che è facile immaginare, non si trovano all’interno del proprio territorio. Ed allo stesso modo si deve almeno ricordare il tema dei lunghi tempi di attesa per il ricevimento di alcune prestazioni e servizi “essenziali” che costringono il cittadino a cercare soddisfazione al di fuori del Ssn (se non addirittura all’estero).
Da ultimo, c’è un altro interessante esempio in precedenza solo accennato che vale la pena di riprendere. Se una regione si trova in condizioni di equilibrio economico-finanziario può decidere di ampliare l’assistenza garantita ai propri cittadini residenti destinando proprie risorse ai cosiddetti “livelli ulteriori”, prestazioni e servizi che vanno ad aggiungersi ai livelli essenziali: anche questo elemento fa riflettere su come possano essere intese l’uniformità e l’essenzialità.
PRINCIPIO IMPRATICABILE?
Alla luce di quanto fin qui argomentato, il concetto di livelli essenziali risulta quindi un concetto interessante, ma le difficoltà connesse ad esempio alla sua pratica applicazione (mancata indicazione della quantità di servizi/prestazioni da erogare), alla mancata connessione con il livello del finanziamento, alla incompletezza del sistema di valutazione, rendono il principio inapplicabile: resta un concetto astratto cui non corrisponde una effettiva realizzazione.
Fin qui i LEA sono stati assunti come un dato di fatto irrinunciabile e fondante per il nostro Ssn e si è andati alla ricerca degli elementi che ne rendono difficile e problematica la applicazione. Prima di concludere, però, proviamo per un attimo a cambiare prospettiva ed assumiamo, contrariamente a quanto fin qui documentato, l’ipotesi che i livelli essenziali siano erogati e che le risorse siano congruenti. Sarebbe tutto a posto? Che tipo di servizio sanitario descriverebbe questa ipotetica situazione? Per come è impostato il tema della essenzialità ne emergerebbe un Ssn centrato sostanzialmente sull’aspetto prestazionale (ed economico), assumendo che le attività-servizi e le prestazioni vengano erogate secondo alcuni requisiti (equità, qualità, appropriatezza, economicità, …), requisiti che dovrebbero rappresentare degli standard ma che in realtà sono dati per sottintesi e di fatto non sono mai dichiarati ed esplicitati. Se i livelli essenziali fossero garantiti al 100% e nella loro completezza potremmo concludere che stiamo assicurando alla popolazione la migliore sanità possibile? L’impostazione “prestazionale” che hanno i livelli essenziali così come costruiti con i documenti legislativi che li hanno definiti, è l’approccio più adeguato per rispondere al bisogno di cure che i cittadini del nostro paese giornalmente presentano al Ssn? Con i LEA, nell’ipotesi che siano erogati, la qualità delle cure, la reale presa in carico del paziente fragile, l’equità nell’accesso, l’appropriatezza erogativa, e così via, sono effettivamente garantite o abbiamo semplicemente erogato un servizio o una prestazione? Queste domande aprono ovviamente a differenti scenari ed impostazioni concettuali che meritano di essere approfonditi.
NECESSITA' DI RIFORMA
Se i LEA così come li abbiamo oggi definiti e praticati costituiscono la pietra angolare su cui è costruito il nostro servizio sanitario, non è eccessivo concludere che il Ssn del nostro paese è costruito sulla sabbia. Ma anche se fossero perfettamente erogati, è adeguato che il Ssn sia costruito sugli attuali LEA? Forse è giunto il momento di un serio ripensamento complessivo: non qualche ritocco qui (finanziamento) e là (i professionisti), qualche opportunità da sfruttare (PNRR), qualche prestazione da includere o togliere e qualche tariffa da aggiornare, ma probabilmente abbiamo bisogno di una vera e propria riforma, a partire dai principi fondamentali sui quali è stato costruito il servizio sanitario nazionale.