Il percorso in nome della bellezza di un corpo intermedio che si è sviluppato a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso per opporsi all’attuazione di piani di sventramento del centro storico di Roma. “Il compito di Italia Nostra non si esaurisce nel salvare dal degrado monumenti antichi, bellezze naturali o opere di ingegno. Italia Nostra persegue un nuovo modello di sviluppo, fondato sulla valorizzazione dell’inestimabile patrimonio culturale e naturale italiano, capace di fornire risposte in termini di qualità del vivere e di occupazione”. E in questa fase di profonde trasformazioni, l’associazione è fortemente impegnata a favore dell’adozione di una tempestiva ed efficace normativa per la pianificazione delle aree idonee e non idonee per l’installazione degli impianti di produzione di energia rinnovabile. Italia Nostra fa proprio il richiamo della Convenzione di Faro che identifica anche nelle “comunità di patrimonio” un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici del patrimonio culturale e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future.
Non si può parlare di Italia Nostra e della sussidiarietà senza partire dalla considerazione di cosa rappresenti il mondo del Terzo settore per il nostro Paese. Si tratta infatti di un mondo capace di produrre il 5% del PIL nazionale, cioè 80 miliardi di euro, di annoverare 362.634 istituzioni e associazioni non profit e impiegare 861.919 dipendenti. Il contributo del Terzo settore non si limita, però, solo al PIL ma, anzi, eroga servizi ai cittadini che coprono quasi tutti gli aspetti della vita sociale: dal diritto allo studio alla parità di genere; dal contrasto alla povertà alla lotta per i diritti civili; dalla tutela e protezione dell’ambiente alla promozione della legalità. Si tratta, quindi, di un sistema sociale ed economico molto sviluppato, che affianca le istituzioni pubbliche grazie alle disposizioni previste dall’articolo 118 della Costituzione. Questo articolo infatti consente “l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”: una positiva intuizione dei padri costituenti.
Qualità del vivere e di occupazione
L’azione di Italia Nostra si inserisce in questo quadro generale fin dalla sua nascita, a seguito del movimento di opinione sviluppatosi agli inizi degli anni Cinquanta per opporsi all’attuazione dell’ennesimo sventramento del centro storico di Roma. In quell’occasione alcune personalità di spicco della cultura italiana si unirono a difesa del nostro patrimonio sempre più minacciato. Tra i fondatori, particolare importanza ebbe Umberto Zanotti Bianco, già presidente per cinque anni – dopo la liberazione di Roma nel 1944 – della Croce Rossa Italiana e fondatore di altri famosi e benemeriti enti quali l’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI), nata nel 1910, e la Società Magna Grecia, nata come filiazione dell’ANIMI nel 1920, con lo scopo di raccogliere fondi a sostegno dell’opera delle Soprintendenze alle Antichità a sud di Napoli per gli scavi archeologici, il restauro e la costituzione o ampliamento di musei. Associazioni che ebbero un’influenza anche sulla stesura dell’articolo 9 della Costituzione e sull’atto costitutivo di Italia Nostra.
Il milieu culturale di larga parte della dirigenza dell’Associazione alla sua fondazione, si rifaceva alla tradizione antifascista liberale che era emersa dalla Seconda guerra mondiale: tali erano, oltre a Umberto Zanotti Bianco, anche Giorgio Bassani, Antonio Cederna e Filippo Caracciolo (presidente anche dell’Automobil Club Italiano). Il loro impegno civile aveva una connotazione fortemente etica che poi, con il tempo, è mutata in una visione più pragmatica. Come amava ripetere Desideria Paolini dall’Onda: “Il compito di Italia Nostra non si esaurisce nel salvare dal degrado monumenti antichi, bellezze naturali o opere di ingegno. Italia Nostra persegue un nuovo modello di sviluppo, fondato sulla valorizzazione dell’inestimabile patrimonio culturale e naturale italiano, capace di fornire risposte in termini di qualità del vivere e di occupazione”.
La Convenzione di Faro
Nel mentre si andava evolvendo il concetto di “patrimonio culturale”, fino a culminare nella stesura della Convenzione di Faro, figlia delle precedenti Convenzioni e Carte: Parigi (1972), Amsterdam (1975), La Valletta (1992) e così via. Firmata nel 2005 ed entrata in vigore nel 2011 (l’Italia l’ha ratificata nel 2020) la Convenzione di Faro elabora concetti che “intersecano” la sussidiarietà, andando a suggerire in che modo e perché la partecipazione della cittadinanza alla tutela, conservazione e gestione del patrimonio culturale debba essere opportunamente sostenuta e promossa dagli Stati aderenti. Se, quindi, l’articolo 118 della Costituzione è il pilastro fondamentale su cui venne edificata la vita associativa di Italia Nostra nella seconda metà del XX secolo, non meno importante per lo sviluppo delle attività di Italia Nostra nel nuovo millennio, è stata la Convenzione di Faro.
La Convenzione di Faro riconosce un diritto al patrimonio culturale ma anche una responsabilità individuale e collettiva nei confronti dello stesso, sottolineando come la sua conservazione e uso sostenibile favorisca lo sviluppo umano e la qualità della vita. Stabilisce poi che il patrimonio culturale sia un insieme di risorse ereditate dal passato, che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come fonte condivisa di ricordo, comprensione, identità, coesione e creatività. Identifica anche nelle “comunità di patrimonio” un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici del patrimonio culturale e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future. Gli Stati aderenti devono mettere in luce il valore del patrimonio culturale attraverso la sua identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione per assicurare a tutti il diritto di fruirne.
Lo statuto di Italia Nostra, seppure senza richiamare espressamente la Convenzione di Faro, mette in pratica ogni giorno i suoi principi prefiggendosi di “stimolare l’adeguamento della legislazione vigente al principio fondamentale dell’articolo 9 della Costituzione, alle convenzioni internazionali in materia di tutela dei patrimoni naturali e storico-artistici e, in particolare, alle direttive dell’Unione Europea” e “promuovere idonee forme di partecipazione dei cittadini e dei giovani”.
Come tutte le Associazioni di Promozione Sociale, il coinvolgimento della base associativa avviene attraverso l’organizzazione di eventi culturali, incontri, assemblee e manifestazioni rivolti ai suoi stessi volontari. Queste attività, però, non hanno per oggetto la primaria ed esclusiva crescita culturale e sociale dei soci ma anche – e soprattutto – la tutela del patrimonio culturale attraverso azioni a favore di terzi, cioè di tutta la comunità nazionale. Si può dire che Italia Nostra crea dal basso e promuove le “comunità di patrimonio” previste dalla Convenzione di Faro, facendole interagire con le PPAA, mettendo quindi in pratica l’articolo 118 della Costituzione.
La competizione della socialità digitale
In più di sei decenni, l’Associazione è cresciuta fino ad arrivare a 200 sezioni territoriali. Importanti personaggi dell’ambientalismo italiano ne hanno fatto parte, come Giulia Maria Crespi, Fulco Pratesi e Carlo Ripa di Meana. Due importanti realtà della tutela ambientale (WWF) e dei beni culturali (FAI) hanno preso le mosse staccandosi da Italia Nostra, confermando la fecondità dell’intuizione dei fondatori. Insieme alle altre associazioni culturali e di protezione ambientale ha promosso un’intensa attività di suggerimento legislativo, come stimolo per la redazione di nuove norme sul patrimonio storico e ambientale italiano. Per questa via sono giunti a maturazione l’istituzione del Parco dell’Appia Antica a Roma e del Parco del Delta del Po, il recupero delle Mura di Ferrara e la Legge 394 sulle Aree naturali protette.
Come tutti i corpi intermedi, anche Italia Nostra soffre la competizione della nuova socialità virtuale ma, avendo finalità pratiche molto concrete, riesce comunque a mantenere una sua base, seppure tra le difficoltà della crisi Covid. La riforma del Terzo settore ha introdotto alcune modifiche statutarie e imposto una maggiore accountability che con gli anni dovrebbe produrre esiti positivi sugli organi di governance. Per questo, tutti ci auguriamo di poter traghettare Italia Nostra verso nuovi successi e nuove battaglie di grande valore culturale e ambientale per il Paese. Attualmente, l’associazione è impegnata a favore dell’adozione di una tempestiva ed efficace normativa per la pianificazione delle aree idonee e non idonee per l’installazione degli impianti di produzione di energia rinnovabili, per far fronte alle previsioni stabilite nel Green Deal europeo di riduzione delle emissioni di gas climalteranti. Una azione essenziale per consentire il miglior punto di equilibrio possibile tra lotta al cambiamento climatico e alla crisi energetica e tutela dell’ambiente, della biodiversità e del paesaggio.