Non è più il tempo del novecentesco Welfare State che certo ha avuto indubbi meriti. Ma davanti al manifestarsi di nuovi bisogni, sempre più inerenti i cittadini, tale formula ha mostrato e continua a palesare tutti i suoi limiti. Per questo motivo diventa dirimente andare oltre quello storico modello. La complessità del presente dice quanto è necessario integrare gli interventi e le strutture pubbliche con politiche sociali che vanno attivate attraverso forme mutualistiche e privato-collettive. Ma, per dare corpo a tale svolta, non è sufficiente attuare il solo processo di rinnovamento delle organizzazioni, piuttosto occorre avviare un ripensamento profondo degli stessi obiettivi e contenuti delle politiche sociali. Per dar vita a un modello di “welfare attivo e capacitante, che valorizzi sia le risorse individuali sia quelle dei territori e delle comunità”.
1. Le crisi di questi anni, dal Covid alla guerra in Ucraina, alla carenza energetica, all’inflazione, hanno avuto un impatto sconvolgente sulle nostre società. Hanno aggravato le disuguaglianze e le povertà fra larghi strati della popolazione e hanno accelerato processi di cambiamento delle strutture economiche e sociali, già attivati dalle tecnologie digitali e dalla globalizzazione.
Queste trasformazioni hanno non solo alterato in profondità le nostre condizioni di vita, ma anche messo in discussione molte delle nostre certezze esistenziali e delle categorie su cui abbiamo costruito il nostro sviluppo economico e sociale.
Il disorientamento e l’incertezza che sperimentiamo ogni giorno chiedono a tutti noi persone singole, alle nostre comunità e alle nostre istituzioni di interrogarci sul futuro, sul senso da dare a questi avvenimenti e su come reagire.
Questa riflessione va fatta insieme e in profondità, perché non si tratta di cambiare piccoli dettagli, ma di ripensare le direzioni dello sviluppo, in discontinuità con i modelli industrialisti del secolo scorso e delle ideologie che li hanno accompagnati.
Dobbiamo ricercare insieme le vie della sostenibilità non solo economica e sociale ma anche ambientale, secondo i parametri di sviluppo sostenibile (SDG) indicati a livello internazionale ed europeo.
L’azione del pubblico non basta
2. Il nuovo corso della politica europea emblematizzato dal Next Generation EU e i relativi piani attuativi, non solo quello italiano, danno un ruolo importante allo Stato e alle pubbliche istituzioni, contrastando le derive liberiste degli ultimi anni e confermando la loro fallacia.
Ma sono convinto, sia per esperienza e cultura personale, sia per le testimonianze ricevute dalle organizzazioni sociali e del Terzo settore inerenti al Cnel, che a sostenere una simile ricerca e il perseguimento della sostenibilità umana non basti l’azione anche lungimirante delle istituzioni pubbliche.
Occorre coinvolgere tutte le energie personali e sociali in uno sforzo consapevole di rinnovamento per dare risposte efficaci ai nuovi bisogni delle persone e delle comunità. Le drammatiche esperienze della pandemia hanno dato ampia dimostrazione che queste energie esistono nella nostra società e nelle sue diverse forme organizzative.
Queste comunità intermedie, dal volontariato alle associazioni del Terzo settore, alle rappresentanze sindacali e degli imprenditori, si sono attivate esprimendo varie forme di solidarietà collettiva, di sostegno a tante persone e gruppi in difficolta, fino a svolgere spesso opera di supplenza alle carenze dell’intervento e del welfare pubblico.
La ricerca svolta in collaborazione fra Astrid, Cnel e Fondazione per la Sussidiarietà1 conferma la ricchezza di queste iniziative e la vitalità dei corpi intermedi, smentendo le profezie più o meno interessate di un loro declino.
Ma le trasformazioni in atto, per la loro radicalità, richiedono a tutti, non esclusi i corpi intermedi, di ripensare i loro obiettivi e le loro funzioni per metterli all’altezza delle nuove sfide.
Segnalo alcune aree di ricerca e di impegno che mi sembrano particolarmente importanti per le varie organizzazioni della società.
Sul versante economico la sfida è di promuovere un nuovo modello di sviluppo sostenibile sul piano sociale e ambientale, quale è prefigurato in Europa dal Next Generation EU.
Coinvolgere le presenze sui territori
3. Gli enti intermedi devono essere in prima linea per organizzare e sostenere l’azione collettiva in vista dei nuovi obiettivi.
La implementazione delle miriadi di attività necessarie per l’attuazione del PNRR, diffuse nelle varie aree del Paese, non si può realizzare con successo senza la partecipazione attiva delle organizzazioni presenti sul territorio; queste organizzazioni hanno ripetutamente chiesto di essere coinvolte non solo nella fase esecutiva dei progetti ma anche nella loro elaborazione in forme di vera e propria coprogettazione.
Tale coinvolgimento è particolarmente importante per i progetti di carattere sociale che rispondono a bisogni fondamentali delle persone, per i quali solo queste organizzazioni hanno la conoscenza e la espertise necessarie a dare risposte efficaci. Si tratta, come ha indicato la Corte Costituzionale, di diffondere pratiche di “amministrazione condivisa”, vincendo le resistenze presenti soprattutto degli apparati burocratici.
L’esperienza recente ha mostrato una capacità inedita della società civile organizzata di svolgere anche attività economiche in forma comunitaria. In particolare, ciò vale per le comunità energetiche che sono oggetto di specifico sostegno da parte del PNRR per il contributo che possono dare non solo alla loro autonomia e alla riduzione dei costi, ma anche a finalità di interesse generale come il contrasto alla povertà energetica, alla povertà tout court e alla riduzione dei divari territoriali.
L’importanza di tali iniziative economiche è tanto maggiore perché esempi di comunità intraprendenti si sono diffuse in diverse forme e settori (come testimoniano le ricerche EURICSE): dalle tradizionali cooperative di produzione e di consumo alle imprese di comunità, ai gruppi di acquisto e di consumo responsabile, fino alle food Coop e alle portinerie di quartiere.
Questi contributi attivi delle comunità permettono non solo di trovare soluzioni economicamente efficienti, ma di fornire stimoli alle istituzioni pubbliche nello svolgimento dei loro nuovi compiti e, più in generale, servono a rafforzare i rapporti ora indeboliti fra esigenze delle comunità e amministrazioni pubbliche e per questa via i legami con le stesse rappresentanze della politica.
Inoltre, la presenza nelle comunità di molte professioni tecniche può essere utile a sostenere e qualificare questi contributi sottraendoli ai rischi di genericità e di parzialità ideologica.
I compiti più urgenti dell’azione sussidiaria
4. I cambiamenti economici e tecnologici, ora accelerati dal Covid, hanno creato nuove opportunità, ma anche aperto gravi ferite nel tessuto sociale, contribuendo a una crescita senza precedenti delle disuguaglianze e della povertà.
Curare queste ferite è uno dei compiti più urgenti dell’azione sussidiaria dei corpi intermedi: un compito insieme di carattere culturale e di grande portata pratica.
Le sensibilità delle persone operanti in queste organizzazioni sono in grado non solo di interpretare meglio di ogni altro i bisogni più urgenti della popolazione, ma anche di mobilitare le capacità di altruismo e di protagonismo di tante persone, comprese quelle che sono disorientate o deluse .
Queste azioni dei corpi intermedi e delle comunità sono decisive per combattere una cultura sempre più diffusa, che è permeata di individualismo, e per promuovere i valori della solidarietà umana.
I messaggi valoriali provenienti dalle comunità intermedie devono essere sostenuti non solo dall’esempio individuale, ma da un impegno organizzato per dare risposte concrete ai milioni di persone bisognose colpite dalla minaccia della povertà, della malattia, e anche della solitudine.
Si tratta di un compito di enorme portata, che investe le dimensioni e la stessa concezione delle politiche sociali e del welfare.
Il Welfare State costruito nel Novecento ha mostrato, oltre ai suoi meriti, anche i suoi limiti di fronte ai nuovi bisogni sempre più personalizzati ed esigenti dei cittadini. Per questo è necessario superare il modello storico per integrare gli interventi e le strutture pubbliche con politiche sociali attivate in forme mutualistiche e privato-collettive. Il che richiede non solo di rinnovare le organizzazioni, ma di ripensare gli stessi obiettivi e contenuti delle politiche sociali, per promuovere un welfare attivo e capacitante, che valorizzi sia le risorse individuali sia quelle dei territori e delle comunità.
L’impegno degli enti intermedi per uno sviluppo sostenibile e un nuovo welfare deve ispirare una loro più ampia responsabilità non solo sociale, ma civile e, in senso lato, politica.
Deve spingerli a volgere le loro funzioni non solo alla luce dei bisogni dei loro rappresentati, ma aprendo la loro azione ad ambiti più vasti di persone e di interessi, in dialogo con altre organizzazioni rappresentative, in vista del rafforzamento della coesione sociale.
Promuovere la coesione sociale praticando il dialogo è un compito insieme educativo e politico che spetta ai corpi intermedi. È un potente antidoto alla frammentazione individualistica che minaccia la nostra società e contribuisce a contrastare le derive populiste presenti in molti Paesi.
Partecipazione e rappresentanza
5. La vitalità dei corpi intermedi può essere espressa più di quanto sia stato fatto finora non solo nelle opere sociali, ma anche nei rapporti con le amministrazioni pubbliche e con le istituzioni e per questa via nella politica.
Le comunità di cittadini possono essere protagoniste nel diffondere le forme di consultazione pubblica. Vanno valorizzate le forme di consultazione e di democrazia deliberativa che si sono sviluppate di recente, non solo in Italia, in diverse aree di attività, specialmente di competenza degli enti locali.
Queste attività di partecipazione civile organizzata hanno valore non solo per qualificare e finalizzare meglio il dibattito pubblico, ma anche per incidere sulle scelte di politica pubblica e di produzione di beni comuni.
Si tratta di un contributo indiretto ma importante, che i corpi intermedi possono dare alla vita pubblica e alla democrazia sostanziale integrando le forme della democrazia rappresentativa e l’azione dei partiti.
In questo modo possono contribuire ad arricchire il capitale sociale dei territori, contrastando i fenomeni di frammentazione. Così pure sono utili ad avvicinare i cittadini alle istituzioni, a sviluppare una cultura di governo fra i cittadini, compresi i loro rappresentanti e, in prospettiva, alla formazione e al ricambio delle classi dirigenti.
In tale direzione dovrebbe svilupparsi un impegno specifico dei corpi intermedi, dai sindacati al Terzo settore, facendo riferimento alle best practice diffuse in Italia e in Europa.
La drammatica situazione attuale offre ai corpi intermedi possibilità di impegno senza precedenti su diversi fronti: non solo nelle iniziative sociali tradizionali, ma nello sviluppo di forme di welfare sussidiario, nel contributo ai nuovi obiettivi della sostenibilità e alla coesione sociale, fino – più in generale – nella partecipazione attiva alle attività amministrative di interesse comune.
Con un impegno fattivo e comune in queste direzioni, l’azione dei corpi intermedi contribuirebbe a rafforzare la connessione fra partecipazione e rappresentanza, integrando attività di coinvolgimento, di dibattito e di formazione alla politica che i partiti hanno largamente abbandonato.