Siamo alle prese con un forte mutamento strutturale ed esistenziale che provoca la persona a riflettere sulle possibilità di trovare ambiti in un mondo ormai glocale dove i soggetti e le comunità, anziché valorizzati, vengono a tutti i livelli scoraggiati. Un compito arduo, perché la svolta epocale porta con sé l’abbandono di vecchi e consolidati riferimenti quali, ad esempio, ricchezza e povertà. Tuttavia, rimane irrinunciabile l’affronto delle gravi incongruenze e deficienze che questa contemporaneità presenta con modalità e inciampi nuovi. Al dunque, si tratta di aprire e aprirsi a riflessioni profonde e innovative. Ovvero: promuovere spazi di ricerca e collaborazione che abbiano un riscontro anche nella dimensione politica.
La riflessione sul potenziale della sussidiarietà che il professor Giorgio Vittadini ha portato sulle colonne de la Repubblica merita un approfondimento, a partire dal titolo che le è stato attribuito in redazione. Un titolo apparentemente bello, evocativo: “Pensare a chi sta peggio è questo il compito della nuova sinistra”, che fa pensare a piazze di belle bandiere e a una ritrovata consapevolezza di un loro ruolo nella società.
Peccato solo che “chi sta peggio” non sia sempre il primo pensiero di tutta la politica attuale, il cui congresso non è sembrato a tutt’oggi chiarificatore dell’altro e felice interrogativo di Vittadini sul dove siano finite le realtà popolari, di ispirazione laica e cattolica, che hanno fatto grande l’Italia.
Per Vittadini, infatti e giustamente, “sussidiarietà è una parola decisiva in questo momento storico perché parla di una cosa semplicissima: il valore del contributo di tutti”, dove quel “tutti” rivela correttamente che il tema del fare parte va sostituito semmai da un fare sistema.
Ecco perché io tendo a considerare più stimolante affrontare il secondo tema fra quelli di fondo posti da Vittadini quando ci interroga sulla possibilità di trovare spazio in un mondo ormai glocale, un mondo cioè nel quale l’organizzazione del potere non è più pensata per accompagnare la persona a ritrovare le sue potenzialità aggregative, ma anzi a scoraggiarle a tutti i livelli.
Secondo me, bisogna avere il coraggio di riflettere a fondo su quello che non è solo un cambiamento lessicale – usare l’aggettivo “glocale” invece di globale e locale – ma è invece un forte mutamento strutturale ed esistenziale. Certo sarà difficile perché occorrerà misurarsi con una svolta d’epoca che non sembra assumere o esaltare i vecchi concetti di ricchezza e povertà.
Così come le dimensioni di spazio e tempo che Stato e mercato stanno assumendo non sono commensurabili con i dati ambientali – e, ripeto, valoriali – che conoscevamo un tempo.
Problemi sociali e nuovi assetti
Vittadini nel suo intervento cita con sincerità il “welfare sussidiario” agito dalla parrocchia del quartiere di Baggio Forze Armate quando era bambino, mentre colloca al presente gli straordinari risultati dell’attività di padre Loffredo nel Rione Sanità a Napoli. Encomiabile! Però possiamo immaginare di costruire un antisistema come quello della sussidiarietà su ipotesi tuttora radicatissime nella coda del vecchio sistema?
La mia non vuole essere una critica, semmai solo una provocazione, perché sono convinto che Vittadini ha ragione quando pone il tema della inaccettabile quota di povertà e di esclusione così evidente in Italia – e soprattutto nel mondo – e cita Papa Francesco in proposito, ma temo che essa passi assolutamente da una vera rivoluzione di sistema, le cui premesse sono culturali nel senso più profondo della parola.
Se Stato e mercato, gli attori che l’ex governatore della Banca Centrale Indiana Raghuram Rajan chiama in causa nel suo Terzo pilastro prima di ipotizzare un modo per ripristinare l’equilibrio, non riescono da soli ad affrontare i problemi sociali e i loro nuovi assetti e spingono a un diverso comportamento valoriale, in che modo ce ne possiamo occupare riducendolo a materia locale o di partito? Per parte mia, nasce da qui uno spazio enorme di ricerca e collaborazione non solo riflessiva, ma anche chiaramente politica.