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Come si sta ridisegnando
la funzione degli ospedali

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Meno ricoveri, meno giornate di degenza (e quindi meno letti occupati), maggiore complessità dei casi trattati. La missione moderna dei nosocomi lascia spazio ad altri contesti di cura della salute. Un processo che richiede attenzione e vigilanza

Cosa si fa negli ospedali del nostro paese? La domanda appare sciocca e la risposta è ovviamente scontata: si curano gli ammalati. D’accordo, ma si può dettagliare un po’ meglio la risposta con qualche specificazione, qualche numero, qualche caratteristica che vada al di là dell’ovvio? E’ quello che si cercherà di fare in questo contributo grazie alle informazioni contenute nel “Rapporto annuale sulla attività di ricovero. Dati SDO 2020” del Ministero della Salute. Come sempre succede quando si analizzano questi rapporti pieni di numeri, tabelle, figure, sono necessarie delle premesse per dar conto delle cifre che vengono esposte: in questo caso la premessa sta nel titolo stesso del Rapporto, che essendo riferito all’anno 2020 dice che quella che viene numericamente descritta come attività ospedaliera è conseguenza diretta di un anno di ricoveri largamente dominati dalla pandemia da SARS-CoV-2, i cui effetti sono chiaramente visibili sia in termini di volumi erogati (-20% circa rispetto al 2019) sia in termini di case-mix prodotto (variazioni rispetto agli anni precedenti.

FONTI CONSOLIDATE

Le informazioni sulla attività ospedaliera emergono da un flusso informativo consolidato ormai da anni (le Schede di Dimissione Ospedaliera – SDO) e riferito a tutti gli ospedali pubblici e privati accreditati (nel 2020 ha avuto una copertura superiore al 99% delle strutture): sono state raccolte 6.817.116 SDO con un decremento rispetto al 2019 del 20,15% (pari a -1.720.146 ricoveri).

Intendiamoci bene: negli ospedali non si fanno solo ricoveri, ma purtroppo al momento non si hanno informazioni affidabili (a parte quelle meramente economiche: i modelli di raccolta dati relativi alla spesa) sulle altre attività.

IL CALO DEI RICOVERI E DEI GIORNI DI DEGENZA

La tabella 1 descrive gli andamenti di alcuni indicatori tra il 2002 ed il 2020. A parte il già indicato calo del 2020 per la pandemia, l’andamento del totale delle dimissioni risulta in costante diminuzione da tempo: negli ultimi 20 anni l’attività si è ridotta di quasi il 50% in termini di ricoveri e di quasi il 40% in termini di giornate di degenza.

Tabella 1. Andamento dell'assistenza ospedaliera. Italia, anni 2002-2020.

Questi numeri hanno due immediate conseguenze: da una parte che il contesto di cura dei pazienti sta cambiando ed è sempre meno centrato sull’ospedale, dall’altra (per via della drastica diminuzione delle giornate di degenza) che gli ospedali hanno bisogno di meno posti letto e di minori risorse in senso generale.

La degenza media dei ricoveri per acuti è in crescita, è sostanzialmente costante la degenza media per le attività di riabilitazione mentre è in diminuzione quella dei pazienti in lungodegenza. Da ultimo è in deciso aumento il peso medio dei ricoveri, cioè la complessità della casistica trattata.

VERSO LA “MISSIONE MODERNA”

I dati permettono di fare molte osservazioni, anche in contrasto tra di loro (lo stesso numero suggerisce sia letture positive che commenti negativi). Presi nel loro insieme questi primi risultati ci presentano un ospedale in deciso cambiamento: meno ricoveri (come numero), meno giornate di degenza (e quindi meno letti occupati e annessi), ma maggiore complessità della casistica (peso medio) e maggiore durata di permanenza presso i nosocomi (durata media per ogni episodio di ricovero). In altre parole, l’attività ospedaliera si sta ridisegnando indirizzandosi verso quella che può essere indicata come la sua missione moderna, cioè la cura del paziente complesso, lasciando ad altri contesti la soddisfazione di altri bisogni di salute che non richiedono necessariamente il ricorso al ricovero ospedaliero.

 

Quanto costa il sistema sanitario? di Carlo Zocchetti

 

 

POSSIBILI CRITICITÀ DA SORVEGLIARE

Per chi vede il bicchiere mezzo vuoto, invece, i segnali sono diversi: meno ricoveri significa avere pazienti che rinunciano alle cure (fenomeno più volte segnalato in questo periodo di pandemia), meno giornate di degenza indicano che i pazienti (per ragioni di risparmio) vengono dimessi a cure non del tutto terminate, maggiore complessità della casistica è conseguenza di una ritardata presa in carico da parte delle altre strutture del SSN, e così via. Pur riconoscendo che questa lettura non sia da trascurare e vadano pertanto approfondite le sue ragioni, chi scrive ritiene che essa non spieghi a sufficienza il cambiamento dei valori numerici degli indicatori proposti in tabella 1 e che sia preferibile la lettura del capoverso precedente.

La figura 1, costruita prendendo come riferimento (valore 100) il valore di ogni indicatore nell’anno 2002 e rapportando ad esso tutti gli anni successivi, permette visivamente di comprendere in modo unitario e complessivo l’andamento nel tempo della attività ospedaliera descritto a parole in precedenza.

Figura 1. Andamento nel tempo di alcuni indicatori della attività ospedaliera. Italia, anni 2022-2020.

Ci si è soffermati su queste cifre macroscopiche perché, dal punto di vista della attività da erogare, sono quelle che meglio di altre rendono conto della dinamica di sviluppo che stanno avendo gli ospedali di oggi e delle prevedibili evoluzioni per i prossimi anni. Un approfondimento, invece, sull’ultimo biennio (2019-2020) ci fa comprendere meglio l’effetto che ha avuto la pandemia sulla attività ospedaliera: la tabella 2 fornisce alcuni elementi di conoscenza.

Tabella 2. Distribuzione delle dimissioni e delle giornate di degenza o accessi diurni per tipo di attività e regime di ricovero. Italia, anni 2019-2020.

IL BIENNIO DEL COVID

A fronte di una riduzione complessiva dei ricoveri di circa il 20% particolarmente colpite sono risultate le attività diurne (day hospital) sia per le degenze acute (-28,4%) che, soprattutto, per quelle riabilitative (-34,7%). In notevole riduzione anche la lungodegenza (-26,1%). Con valori numerici diversi, ma sempre a due cifre, le riduzioni hanno riguardato le giornate di degenza e gli accessi diurni. Come scrive il Rapporto “è possibile collegare l’andamento descritto all’impatto indiretto della pandemia sui percorsi organizzativi ospedalieri, sia in seguito alle misure di rimodulazione dell’erogazione delle attività programmate differibili, sia per gli effetti della riconversione dei posti letto (anche di riabilitazione) per l’ampliamento delle aree dedicate al trattamento dei pazienti affetti da malattia da SARS-CoV-2”.

PUBBLICO E PRIVATO

Interessante è la suddivisione delle attività tra strutture di ricovero pubbliche e private accreditate (tabella 3, anno 2020). Nel complesso, sia considerando i ricoveri che le giornate e accessi diurni, il pubblico rappresenta circa il 72% della attività erogata, ma questa quota si modifica radicalmente in funzione di specifiche attività: sale al 79% per i nuovi nati (nido) ed al 75% per i ricoveri acuti in regime ordinario; scende al 70% per gli acuti in regime diurno ed al 51% per la lungodegenza; e diventa largamente minoritaria (22%) per le attività di riabilitazione (ordinarie e diurne). Se si considerano le giornate di degenza e gli accessi diurni la quota pubblica sale oltre il 80% e diventa minoritaria anche per la lungodegenza (oltre alla riabilitazione).

E’ evidente che questa diversa distribuzione delle attività erogate tra pubblico e privato accreditato è conseguenza innanzitutto delle scelte organizzative fatte a monte dalle due tipologie di soggetti e dalle successive delibere di accreditamento messe in atto dalle diverse amministrazioni regionali.

Tabella 3. Distribuzione delle dimissioni e delle giornate di degenza o accessi diurni per tipo di attività e regime di ricovero. Italia, anno 2020.

LE MALATTIE PIÙ PRESENTI

Da ultimo, ma solo per questo contributo, merita qualche considerazione l’analisi delle malattie (e disturbi) per le quali i cittadini hanno avuto bisogno di un ricovero per acuti in regime ordinario (tabella 4): la usuale classificazione delle attività utilizza il criterio delle MDC (Major Diagnostic Categories, Categorie Diagnostiche Principali) per raggruppare i diversi ricoveri.

Tabella 4. Descrizione dell'attività per MDC. Attività per Acuti in Regime ordinario. Italia, Anno 2020.

Le malattie e disturbi dell’apparato cardiocircolatorio, con il 13,7% dei ricoveri acuti ordinari, rappresentano la categoria diagnostica maggiormente rappresentata, seguita dalle malattie e disturbi dell’apparato respiratorio (13,1%), dalle malattie e disturbi del sistema muscolo scheletrico e del tessuto connettivo (12,6%), e poi via via le altre categorie con percentuali tutte inferiori al 10%. Dal punto di vista della durata della degenza sono le infezioni da HIV, per quanto poco numerose (meno di 3.000 ricoveri), a presentare la durata media maggiore (17,7 giorni), seguite dalle ustioni (14,2 giorni), dai traumatismi multipli rilevanti (14,1), dalle malattie e disturbi mentali (12,7), dalle malattie infettive e parassitarie (12,3), dalle malattie e disturbi dell’apparato respiratorio (11,1), e poi tutte le altre categorie diagnostiche con una durata media della degenza inferiore a 10 giorni.

Sono molte altre le informazioni messe a disposizione attraverso il Rapporto, ma ci sarà modo di parlarne in altre occasioni.

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