La necessità di considerare anche la medicina territoriale e la dimensione socio-sanitaria, non solo le performance del contesto ospedaliero. L’esame dei risultati non deve essere una tantum ma un “habitus”. Che deve generare “a valle” reali cambiamenti
Procedere alla valutazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è una operazione necessaria, ma il percorso da compiere è complesso ed ammette molte alternative. In questo contributo proviamo ad esplorare i diversi tentativi fatti nel nostro paese per valutare i servizi erogati dai territori (regioni, strutture ospedaliere).
La difficoltà principale nella valutazione di un sistema complesso come il SSN risiede nella scelta degli obiettivi da valutare, viste le tante angolature dalle quali il SSN può essere osservato, e degli indicatori che possono rappresentare il raggiungimento (o meno) di tali obiettivi: gli esempi scelti e rappresentati nel seguito, oltre alla rilevanza in sé delle proposte, sono indicativi delle differenti visuali che possono essere scelte e dei diversi risultati che di conseguenza ne emergono.
MODELLO “LEA-ADEMPIMENTI”
Il primo esempio riguarda il tema cosiddetto “degli adempimenti”. A seguito dell’accordo Stato-Regioni del 23.3.2005 il Comitato LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) ed il Tavolo di verifica degli adempimenti compiono una valutazione della sanità delle regioni al fine di distribuire una parte del finanziamento (la quota “premiale”) del SSN. A questo scopo le regioni presentano la documentazione prevista, Ministero della Salute, AIFA e Agenas svolgono il lavoro istruttorio, e l’accertamento dell’adempimento avviene facendo ricorso ad un set predefinito di indicatori che riguardano l’attività di assistenza negli ambienti di vita e di lavoro, l’assistenza distrettuale e l’assistenza ospedaliera, raccolti in una griglia (griglia LEA) che consente di riconoscere il diverso livello di erogazione dei livelli di assistenza.
Sistema Sanitario Nazionale
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34 INDICATORI E SCOSTAMENTI
I singoli indicatori posseggono un peso ed a ciascuno di essi è assegnato un punteggio (0, 3, 6, 9) in funzione del risultato raggiunto: 9=valore normale, 6=scostamento minimo, 3=scostamento rilevante ma in miglioramento, 0=scostamento non accettabile. Per ogni indicatore è stabilito a monte cosa si debba intendere per “valore normale”, “scostamento minimo”, e così via: la somma dei prodotti tra peso e punteggio di ogni indicatore rappresenta il risultato complessivo della valutazione per ogni regione, che si traduce poi in un giudizio di adempienza ovvero di non adempienza. Nel 2019, ultima valutazione effettuata, la griglia LEA era composta da 34 indicatori (per approfondire: Ministero della Salute: Monitoraggio dei LEA attraverso la Cd. Griglia LEA. Metodologia e risultati dell’anno 2019).
I risultati di questa valutazione hanno prodotto due tipologie di informazioni complessive: la tabella dei punteggi totali per tutte le regioni (tabella 1) e la figura (detta “il rosone”) dei punteggi raggiunti in ogni regione dai singoli indicatori (figura 1).
Tabella 1. Valutazione degli adempimenti: tabella riassuntiva griglia LEA 2019.
I valori in verde di tabella 1 rappresentano le regioni risultate adempienti ed i valori in rosso si riferiscono a quelli delle regioni inadempienti. Considerati gli scopi della valutazione ci sono anche delle regioni non soggette a valutazione.
La figura 1 presenta i rosoni rispettivamente della regione che ha ottenuto nel 2019 il punteggio più basso e di quella con il punteggio più alto.
Figura 1. Valutazione degli adempimenti: grafico riassuntivo per regione. Anno 2019.
A titolo di esempio si può segnalare che per qualche indicatore tutte le regioni sono risultate “normali”, cioè punteggio 9 (Tasso standardizzato di ospedalizzazione in età adulta per: complicanze diabete, BPCO, scompenso cardiaco; Tasso standardizzato di ospedalizzazione), per qualche altro invece nessuna regione è risultata “normale” (percentuale di copertura vaccinale per vaccinazione antinfluenzale nell’anziano; percentuale parti cesarei primari in strutture con meno di 1.000 parti all’anno).
Quanto costa il Servizio sanitario?
IL METODO “BERSAGLIO”
Un secondo percorso di valutazione dei servizi sanitari regionali è stato proposto dal Laboratorio MeS (Management e Sanità) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Sviluppato inizialmente per la Regione Toscana, la sua metodologia è stata poi estesa ad un folto gruppo di regioni (12 nel Report 2021). Centinaia sono gli indicatori condivisi dal network delle regioni partecipanti, raggruppati in diverse dimensioni di valutazione: lo stato di salute della popolazione, l’efficienza e la sostenibilità, la soddisfazione dell’utenza e del personale, la capacità di perseguimento delle strategie sanitarie regionali, la presa in carico dell’emergenza-urgenza, la prevenzione collettiva, il governo e la qualità dell’offerta, l’assistenza farmaceutica.
Il percorso del Laboratorio MeS è conosciuto come il metodo del “bersaglio” perché i risultati sono rappresentati sotto forma di un bersaglio a cinque cerchi concentrici di diverso colore (che rappresentano i cinque quintili della distribuzione dei valori) dove il valore di ogni indicatore è riportato con un pallino che si posiziona vicino al centro (quintile della performance migliore) oppure si allontana dal centro verso la corona più esterna (il quintile peggiore). La figura 2 presenta un esempio di bersaglio per alcuni selezionati indicatori relativi alla valutazione del 2021.
Figura 2. Metodo dei bersagli: grafico riassuntivo per regione. Anno 2021.
Poiché la metodologia proposta valuta anche dei percorsi di cura, in questo caso la rappresentazione scelta per descrivere i risultati non utilizza il modello del bersaglio ma adotta un pentagramma dove le righe rappresentano ancora i quintili della distribuzione degli indicatori (sempre con diverso colore) e i valori degli indicatori del percorso sostituiscono le classiche note del pentagramma musicale.
Figura 3. Metodo dei bersagli: grafico riassuntivo esemplificativo del percorso di cura materno infantile.
I percorsi valutati sono: il percorso materno-infantile, il percorso oncologico, il percorso cronicità, e il percorso emergenza-urgenza.
Nella proposta del MeS non sono previsti punteggi complessivi per regione (come nella metodologia degli adempimenti) e la sintesi della valutazione è solo visiva (il bersaglio, appunto). Si tratta di una scelta che ha come obiettivo di valutare la complessità dei servizi offerti, senza necessità di riassumere il tutto in un unico punteggio sintetico.
IL MODELLO “PNE”
Questo concetto è alla base anche del terzo esempio di valutazione, vale a dire quello effettuato dal Programma Nazionale Esiti (PNE) di Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali), realizzato con la collaborazione dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Osservatorio Epidemiologico della Regione Lazio. In questo caso la valutazione ha come oggetto i processi di cura ed i loro esiti e l’obiettivo, più che alle singole regioni, è indirizzato all’esame delle singole strutture sanitarie, ed in particolare alla assistenza ospedaliera. L’idea del PNE è quella di studiare la variabilità dei processi e degli esiti assistenziali tra soggetti erogatori e tra gruppi di popolazione, monitorando trattamenti di provata efficacia, con l’obiettivo di far emergere eventuali criticità da sottoporre a specifiche attività di audit.
La prima linea di lavoro del PNE riguarda l’analisi dei volumi di produzione per una serie di ambiti nosologici e procedure diagnostico-terapeutiche per le quali secondo la letteratura scientifica esiste una relazione tra la numerosità della casistica trattata e l’esito della cura e si può arrivare all’identificazione di soglie minime (volumi) di attività che, se non sono raggiunte dalla singola struttura di erogazione, non garantiscono (in media) l’esito positivo della cura. Una seconda linea di azione mette a fuoco la tempestività di accesso alle prestazioni nel contesto di un ricovero ospedaliero, permettendo di valutare l’organizzazione della degenza con riferimento ai tempi di attesa preoperatoria. Un terzo percorso mette l’accento sulla appropriatezza clinica ed organizzativa di alcune procedure (taglio cesareo, episiotomie). Da ultimo il focus è sulla valutazione degli esiti, con particolare riferimento alla mortalità a 30 giorni da interventi chirurgici quali il bypass aorto-coronarico isolato o la valvuloplastica.
I risultati della valutazione, per ognuno delle centinaia di indicatori utilizzati si presentano sostanzialmente sotto due forme: una analisi per regione, come esemplificativamente rappresentato in figura 4, ed una analisi per singola struttura
Figura 4. Programma Nazionale Esiti (PNE): grafico riassuntivo per regione per l’esito “Frattura del collo del femore”.
Figura 5. Programma Nazionale Esiti (PNE): grafico riassuntivo per singola struttura per l’esito “STEMI trattati con PTCA”.
NOVITÀ E LIMITI
Nel PNE non tutte le aree assistenziali sono coperte da valutazione, e le aree coperte (prevalentemente relative ad attività chirurgiche) non sono tutte interessate da un numero simile di indicatori, con la conseguenza che alcune aree risultano molto ricche di indicatori di valutazione ed altre sono invece del tutto trascurate. Così come per il metodo elaborato dal Laboratorio MeS, anche la valutazione del PNE non prevede punteggi complessivi per Regione (o per struttura) e la focalizzazione è sui singoli indicatori.
Aspetto originale del PNE è la possibilità di far seguire al processo di valutazione un percorso di audit, al fine di approfondire le ragioni che possono avere portato una struttura a produrre un determinato valore di un indicatore (o più di uno), soprattutto se la valutazione non è positiva.
L’ultimo rapporto prodotto (edizione 2022), che prende in esame i dati del 2021 anche a confronto con gli anni precedenti, permette di acquisire anche utili informazioni su come l’evento pandemico ancora in corso ha influenzato, in particolare, le attività di ricovero ospedaliero.
IL MODELLO “RADAR-LOMBARDIA”
L’ultimo esempio che trattiamo con dettaglio riguarda il percorso valutativo messo in atto da Regione Lombardia e sviluppato in parte dal centro di ricerca CRISP dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, interessante per la differenza di obiettivi che lo caratterizza (rispetto ai tre esempi precedenti) e la diversità della metodologia adottata, anche se il percorso in questo momento non è più attivo ed il suo racconto assume un valore più storico-metodologico e di completezza informativa che non di attualità applicativa.
L’approccio lombardo, in cui la valutazione delle performance è stata indirizzata solo verso le strutture di ricovero e cura, ha considerato indicatori riferiti alle seguenti aree: qualità ex-ante, qualità ex-post, efficienza, appropriatezza, accessibilità e soddisfazione dell’utenza. Inoltre, la valutazione complessiva della singola struttura prevede l’utilizzo di informazioni provenienti da diverse fonti informative (mortalità, ricoveri, customer satisfaction, attività di controllo, …) e l’applicazione di modelli statistici multilivello per via della presenza di informazioni relative al singolo soggetto, al reparto, e all’intera struttura di ricovero.
Il risultato complessivo è rappresentato da un grafico radar (figura 6), trasformato successivamente in punteggi affinché alla singola struttura possa essere attribuito un premio o una penalizzazione sotto forma di un aumento o di una diminuzione del budget fino ad un massimo del 2%.
Figura 6. Metodo Lombardia: grafico riassuntivo per struttura ospedaliera.
Oltre alle metodologie esemplificativamente presentate in dettaglio, sono condotte molte altre valutazioni del SSN: senza la pretesa di essere esaustivi, è noto il metodo utilizzato per classificare in zone il territorio per affrontare la pandemia da Sars-CoV-2; sono conosciuti i diversi rapporti pubblicati periodicamente da tanti soggetti (esempio, rapporto OASI, rapporto Osservasalute, rapporto CREA Sanità, rapporto CENSIS, …); vanno certamente nominate le classifiche degli ospedali prodotte da Newsweek dove sono presenti molte strutture del nostro paese e le tante indagini demoscopiche condotte per valutare specifici argomenti (esempio: tempi di attesa delle prestazioni). Ne emerge un panorama complesso e molto vario che si caratterizza sia per la diversità degli obiettivi che per i differenti percorsi metodologici adottati, con soluzioni che hanno prevalentemente carattere descrittivo teso a mettere in evidenza le aree dove le singole performance possono essere migliorate, ed altre che invece (volontariamente o involontariamente) indirizzano o conducono verso la predisposizione di vere e proprie classifiche anche quando si afferma che la classifica non fa parte degli obiettivi della valutazione. L’obiettivo classificatorio risulta evidente, anche quando non voluto, se alla valutazione segue qualche forma di premio (vedi anche il recente esito del PNE) o di penalizzazione.BLOG SALUTE
Come si sta ridisegnando
la funzione degli ospedali
Tre considerazioni conclusive.
VALUTARE PER DECIDERE
Un processo di valutazione assume significato e valore ed esprime tutto il suo potenziale di stimolo al cambiamento se a valle del percorso valutativo vengono prese delle decisioni connesse all’esito della valutazione. Quest’ultima, infatti, non è un esercizio di stile, e neppure la dimostrazione di conoscenze metodologiche complesse o la capacità di produrre rapporti e pubblicazioni, bensì si innesta in un processo di miglioramento continuo della qualità delle prestazioni e delle cure erogate, evidenziando le situazioni che possono necessitare di intervento. Ci si rende conto che i processi di cambiamento possono produrre obiezioni, contrasti, resistenze e malumori: per questo devono essere adeguatamente guidati e gli strumenti di valutazione quantitativa costituiscono un valido aiuto nella individuazione e misura dei problemi.
La valutazione, però, non può essere un esercizio che si fa “una volta nella vita” ma deve diventare un “habitus” non solo per individuare aree di possibile miglioramento ma anche per verificare l’efficacia della adozione di un determinato intervento. Quest’ultimo passaggio è risultato piuttosto evidente proprio con la recente pandemia, dove sono stati molti i provvedimenti adottati (lockdown, mascherine, sanificazione, distanziamento, greenpass, …) ma non ci risulta che di nessuno di essi sia stato valutato l’effetto che ne è conseguito.
ASSUMERE ANCHE L’OTTICA DELL’UTENTE
Le valutazioni del SSN che sono state presentate sono prevalentemente orientate ad aspetti che possiamo definire di programmazione sanitaria, ad oggetti che sono di interesse soprattutto per gli addetti ai lavori. Sono poco presenti, per quanto non del tutto assenti, elementi valutativi che abbiano di più l’ottica dell’utente, del cittadino bisognoso di cure: è il caso della valutazione dei tempi di attesa delle prestazioni, delle difficoltà di accesso alle cure (pronto soccorso, guardia medica, MMG-PLS), dei costi delle prestazioni, della soddisfazione degli utenti, e così via. Un aumento degli sforzi valutativi in questa direzione è necessario.
TERRITORIO, NON SOLO OSPEDALI
Le valutazioni condotte sono dirette prevalentemente, anche se non esclusivamente, al contesto ospedaliero. E’ poco frequentato il contesto territoriale ed è totalmente assente la valutazione delle tematiche socio-sanitarie. Ci si rende conto che l’affronto di queste aree è molto sfidante e ricco di difficoltà, ma anche in previsione degli interventi previsti dal PNRR diventa indispensabile provare a porre attenzione anche alla valutazione di questi elementi del SSN.