Come tenere insieme crescita economica, tutele e contrasto alle diseguaglianze. Lavoro e piena occupazione sono la leva prioritaria. Il passaggio dal welfare come costo al welfare come investimento
EUROPA FUTURO PRESENTE, SECONDA GIORNATA / 1
La seconda giornata della Scuola ha proposto due lezioni fondamentali per capire i fondamenti e le prospettive della vita di noi europei in ordine a due temi: il primo riguarda il modello sociale del Vecchio continente, con la lezione di Rosangela Lodigiani, professoressa di Sociologia dei processi economici e del lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il secondo tema concerne il rapporto dell’Europa con gli USA e la Nato. Questa lezione è stata svolta da Marta Dassù, direttrice di Aspenia and Senior Advisor, European Affairs, The Aspen Institute. La discussione con le docenti e il lavoro di gruppo sono stati coordinati da Giovanni Mulazzani, Ricercatore in Diritto Amministrativo, Università di Bologna.
Scuola di Formazione Politica 2024 / II giornata (parte seconda)
Europa e Alleanza atlantica
Il ruolo degli Stati Uniti
2 MAR 2024 | MARTA DASSÙ
PRIMA LEZIONE: ROSANGELA LODIGIANI (sintesi)
Il sistema sociale europeo è considerato il migliore strumento di protezione sociale al mondo, primo anche nella capacità di garantire la qualità della vita di chi vi abita. Gli standard di vita e di benessere sono il risultato storico della combinazione di uno stato sociale generoso e inclusivo, da un lato, e di una politica economica prospera ed efficiente dall’altro. Minacciato da diverse crisi, globali e interne all’Unione e interne agli stati nazionali, il modello resiste e prosegue il suo percorso senza rinunciare ad affermare una sua visione, anche coraggiosa.
La sociologa della Cattolica cita le domande del politologo Maurizio Ferrera per ricordare il contesto di fondo in cui si colloca il tema in esame. Possiamo parlare dell’Unione europea come di una nuova casa comune in costruzione? O si tratta semplicemente di uno spazio comune tra nazionalità distinte, come un campo da gioco livellato dove svolgere transazioni economiche?
Dobbiamo la definizione di modello sociale europeo a Jacques Delors, presidente della Commissione europea dal 1985 al 1995. Esso consiste nel coniugare economia di mercato e stato sociale, con l’obiettivo di assicurare sia la competitività sia la solidarietà e la coesione sociale, per il tramite – anzitutto – dell’inclusione nel mercato del lavoro.
La lezione alla Scuola di formazione politica 2024
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per un'Europa "terzo polo"
1. UN PATRIMONIO DA RAFFORZARE
Tenere insieme la dimensione economica e quella sociale non è semplice perché significa mettere in atto leve diverse, sia negli Stati, che all’interno degli Stati:
· il coinvolgimento consapevole dell’intera collettività, che comprende gli attori economici, le istituzioni, le parti sociali e le rappresentanze;
· il dialogo tra i diversi soggetti e parti implicate;
· l’assicurazione di uno sviluppo competitivo, ma che si prefigga obiettivi di piena occupazione;
· politiche sociali volte all’inclusione, alla lotta alle disuguaglianze, alle pari opportunità, perché lo sviluppo sia anche inclusivo ed equo
Su tutto, il lavoro va considerato come la chiave di volta (vedi Art. 3.3 Trattato sull’Unione europea).
Il Pilastro europeo per i diritti sociali è stato introdotto nel 2017 per promuovere la convergenza «verso l’alto» dei sistemi nazionali di protezione sociale, al fine di offrire ai cittadini diritti nuovi e più efficaci e sostenere mercati del lavoro e sistemi di protezione sociale equi e ben funzionanti per garantire migliori condizioni di vita e di lavoro in tutta l’UE. Si articola in venti principi e tre aree di diritti che riguardano: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro; condizioni di lavoro eque; protezione sociale adeguata e sostenibile.
N.B. Si tratta di una presa di posizione netta: si vuole una società competitiva, ma non a discapito di qualcuno. Questa sensibilità era emersa già nel corso degli anni Ottanta quando si stava affermando l’ideologia neoliberista.
2. ECONOMIA DELLA CONOSCENZA E SOSTENIBILITÀ
L’Agenda di Lisbona del 2000 così esprimeva gli obiettivi alti che l’Europa si prefiggeva: «Diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale». Di fronte alle sfide della globalizzazione si è deciso di competere con produzione di qualità, non sul prezzo e quindi di tutelare i lavoratori.
Si opta per un cambio di paradigma e si passa dal welfare keynesiano-fordista (considerato passivo, incentrato sulle erogazioni a sostegno del reddito), a un welfare attivo, in particolare, a sostegno dell’autoprotezione dei cittadini, della loro capacità di restare attivi e inclusi. La centratura sull’obiettivo di piena occupazione per tutti (diverse fasce età) diventa netta.
Il welfare viene considerato non più come costo passivo oneroso, ma come un costo di investimento, che renderà nel futuro in migliore partecipazione al lavoro di uomini e donne, in età diverse e avrà come esito una società più coesa, inclusiva, che dovrebbe produrre un risparmio nel lungo periodo e più risorse nell’immediato (base fiscale) da impiegare in politiche sociali.
È un “welfare to work”, con l’obiettivo di combattere la dipendenza da forme assistenziali. Gli aiuti vengono introdotti con condizionalità, ad esempio con l’obbligo di intraprendere un percorso di reinserimento.
Il messaggio che si vuole dare è che la miglior forma di tutela è il lavoro. Questo però richiede un mercato del lavoro inclusivo che deve essere perseguito con politiche industriali adeguate.
Le politiche di investimento sociale, riguardano i seguenti principali ambiti di policy:
· politiche del lavoro e per l’occupabilità;
· Lifelong learning;
· Early childhood care & education;
· Conciliazione vita (famiglia) / lavoro;
· Reddito minimo e tutele.
Gli interventi considerati di investimento sociale svolgono diverse funzioni. “Stock” (per la formazione di capitale umano); “Flow” (per la transizione nel mercato del lavoro: sicurezza e flessibilità); Buffer (ammortizzatori sociali).
3. INCLUSIONE E CONTRASTO ALLA POVERTÀ
Dietro la strada tracciata da UE, oltre all’inclusione attiva il cui principale strumento di inclusione è il lavoro, rimane il bisogno di costruire sistemi di politiche e garanzie di sostegno al reddito.
Nella Raccomandazione della Commissione Europea «Inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro» (2008/867/CE), si legge: «… elaborare e applicare una strategia globale e integrata a favore dell’inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro, combinando un adeguato sostegno al reddito, mercati del lavoro in grado di favorire l’inserimento e l’accesso a servizi di qualità. Le politiche di inclusione attiva dovrebbero facilitare l’integrazione delle persone in posti di lavoro sostenibili e di qualità di coloro che sono in grado di lavorare e di fornire a coloro che non ne sono in grado risorse sufficienti per vivere dignitosamente, sostenendone la partecipazione sociale».
I tre pilastri della strategia integrata per l’inclusione attiva sono: integrazioni adeguate del reddito; mercato del lavoro inclusivi; servizi di qualità.