La lezione di Marta Cartabia sull’esercizio della sovranità popolare secondo i dettami della nostra Carta. La vicenda emblematica delle Fondazioni di origine bancaria analizzata da Guzzetti e Violini
LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE: LA POLITICA E I SUOI LIMITI
La seconda sessione della Scuola di formazione politica “Conoscere per decidere” si è svolta sabato 6 maggio, nella modalità già sperimentata che prevede partecipanti (circa 200) parte in presenza, parte in collegamento dai vari “hub” sparsi lungo lo Stivale: Chiavari, Lamezia Terme, Modena, Pesaro, Ravenna, Reggio Emilia, Trento e Verona.
Il tema è stato approfonditamente trattato, nei lavori della mattinata, da Marta Cartabia, Professoressa di Diritto costituzionale, Università Bocconi, Presidente emerita della Corte costituzionale.
Il pomeriggio, sempre dedicato all’analisi e discussione di un caso emblematico di ricerca di una soluzione a un problema concreto, si è focalizzato su “Il caso delle Fondazioni di origine bancaria” Sono intervenuti Giuseppe Guzzetti, Avvocato, già Presidente di Fondazione Cariplo, e Lorenza Violini, Professoressa di Diritto costituzionale dell’Università degli Studi di Milano.
Ha guidato il dialogo Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. Tutor della giornata è stata Benedetta Vimercati, Professoressa di Diritto costituzionale, Università degli Studi di Milano
Scuola di formazione politica 2023 / Prima lezione
Ma che cosa è la politica oggi?
Pace e guerra nel XXI secolo
COME SI ESERCITA LA SOVRANITÀ POPOLARE
CARTABIA – Prende le mosse dalla constatazione di una criticità: “Qualcosa si è bloccato nelle democrazie, ed esse non riescono più ad esprimere la loro vitalità”, precisando però come non ci sia mai stata un’ “età dell’oro” di questa forma di governo perché essa è figlia dei momenti storici che ha attraversato e di cui ha portato le diverse tensioni e istanze.
La novità della crisi odierna non sta tanto nelle torsioni populiste, nello scontento generale e nella rabbia, ma nel fatto che questi sentimenti vengono espressi contro le istituzioni democratiche.
Cartabia propone un excursus delle principali interpretazioni delle cause di questo declino: per alcuni, i nuovi media che hanno snaturato il dibattito e impedito di sviluppare un linguaggio che aiuti a dialogare; per altri sono la crescita di individualismo e narcisismo; per altri ancorala sottovalutazione del bisogno di appartenenza identitaria delle persone; oppure la crisi dei corpi intermedi come canali di virtù civiche; infine c’è chi punto il dito contro la crescita delle disuguaglianze e i cambiamenti geopolitici mondiali. “Tutti parlano di crisi della democrazia – qui Cartabia usa una citazione di Luigi Sturzo - ma sarebbe difficile trovare due persone che siano d’accordo su ciò che la democrazia è e che possano dire, allo stesso modo, in che cosa consista la crisi”.
VIDEO | Scuola di formazione politica 2023, la lectio di Violante
Democrazia è rispettare l’altro
se non la coltiviamo si suicida
Che cosa si deve dunque intendere per democrazia? Cartabia suggerisce un bel testo di Robert Alan Dahl, “Poliarchia” e si sofferma sulla seconda frase dell’art. 1 della Costituzione italiana: “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
La parola “appartiene” sottende la dialettica tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta, mai sopita e il senso della mediazione, considerando che l’interesse comune non è la somma dei quelli individuali e ciò richiede un soggetto terzo che faccia sintesi.
Sulla parola “forme” ci sono invece poche esitazioni – sostiene la giurista - a riguardo della funzione rappresentativa del Parlamento, “perno di tutto il circuito democratico”, la cui centralità non deve essere solo formale, come ha richiamato la Corte costituzionale. Cartabia non manca di notare il paradosso della democrazia diretta, tanto invocata, quanto poco utilizzati sono i suoi strumenti (referendum abrogativo, petizione popolare, iniziativa legislativa popolare).
Per introdurre il tema dei “limiti”, Cartabia pone una domanda: “Sarebbe democratico abolire la libertà di espressione se tutti fossero d’accordo?”. La rigidità del testo costituzionale, che non può essere cambiato direttamente da chi governa, ha il senso di affermare certi limiti, tolti i quali la democrazia non potrebbe mantenersi nel tempo. Segue una disamina dei casi in cui regimi politici si vanno affermando cercando di indebolire le Corti supreme dei loro paesi (Turchia, Ungheria, Israele…).
IL DIBATTITO. DEMOCRAZIA È VITA DI POPOLO
La discussione assembleare ha permesso a Cartabia di sottolineare che i valori della democrazia resistono se sono parte della cultura e della vita di un popolo. La legge toglie gli impedimenti, non può fare un uomo libero. Cuore della democrazia è la vita di un popolo. Non la volontà generale, frutto di un’astrazione illuminista, bensì il popolo nella sua concretezza, nel pluralismo sociale e culturale in cui si esprime.
Scuola di formazione politica
"Conoscere per decidere"
POMERIGGIO
UN CASO DI DEMOCRAZIA SOSTANZIALE: LE FONDAZIONI DI ORIGINE BANCARIA
GUZZETTI – La vicenda di queste fondazioni rappresenta, per Guzzetti, un caso di “eterogenesi dei fini”, perché esse nascono per trasformare le banche in Spa, facendo seguito alla richiesta della Comunità europea di correggere l’anomalia delle banche popolari e cooperative che non avevano azionisti, ma arrivano ad affermare il valore pubblico del privato sociale.
Guzzetti ripercorre con passione tutti i passaggi che si sono susseguiti facendone cogliere la portata in gioco: la salvaguardia di uno dei pilastri fondamentali di un sistema Paese insieme a Stato e mercato, cioè il Terzo settore..
Il primo step è la legge Amato (218/1990) con cui vengono istituiti gli “enti conferenti” (prodromi delle fondazioni) ai quali affluisce il patrimonio delle banche; senza peraltro chiarire se siano enti pubblici o provati e senza definire come debbano essere governati.
Così nel 1998 viene emanata la legge Ciampi, con un decreto attuativo che definisce questi soggetti come “enti privati senza scopo di lucro e con scopo di carattere sociale”. Agli ambiti del welfare e all’arte e cultura vengono aggiunti ambiente e ricerca scientifica. Nel 2002 il governo Berlusconi cerca di rimettere le fondazioni sotto la mano pubblica, ma tramite ricorso al TAR del Lazio si arriva a due sentenze della Corte Costituzionale (la 300 e la 301) in cui si afferma che le fondazioni di origine bancaria fanno parte delle libertà sociali e perseguono scopi di interesse pubblico attraverso il privato sociale.
Fino qui la storia. Ma a quali urgenze devono fare fronte oggi questi soggetti?
Guzzetti non ha dubbi: questo Paese non si salva se non si affrontano alcuni problemi sociali, primo tra tutti la povertà educativa. In questa direzione va il progetto QuBì lanciato di recente a Milano e come pure tutti i progetti in cui è impegnata la Fondazione con il Sud. In primo piano anche il problema abitativo, da cui i progetti di housing sociale.
VIOLINI amplia lo sguardo verso il processo di integrazione europea, fortemente aiutato dall’affermazione del principio di sussidiarietà (che “ha salvato Maastricht”), grazie al quale gli Stati sono stati rassicurati nel loro cammino verso la moneta unica.
La professoressa si sofferma poi sul nuovo impulso verso una cultura della sussidiarietà che la sentenza 131/202 della Corte ha dato, in particolare nel chiarire che compito del governo della pubblica amministrazione è servire. Per questo la sussidiarietà è l’anima della democrazia. Ma serve un cambio di mentalità che consiste nel coltivare la cultura della valutazione, unica che può dire quale servizio, al di là che sia erogato dal pubblico e dal privato, è migliore per i cittadini.