La casa è lo spazio dove la persona incomincia a vivere la dimensione dell’abitare. Dunque, si tratta di un diritto sociale che, prima di tutto, chiama alle proprie responsabilità i decisori pubblici. In modo particolare in materia di housing sociale. Ma che riguarda anche i soggetti privati interessati a investire in un settore così decisivo. In tal senso, non mancano esempi positivi di sviluppo e rafforzamento. Tuttavia, permangono accentuati disequilibri nel mercato immobiliare. Oggi, in Italia, le case popolari soddisfano solo il 3,5% del mercato abitativo. Ciò significa che occorre accelerare. Con la strutturazione di percorsi specifici per iniziative pubblico-private di interesse collettivo.
Il diritto alla casa assume nel quadro del sistema costituzionale una significativa importanza, soprattutto per via delle chiare connessioni tra la dignità della persona e l’ambiente nel quale si trova a vivere. Il lavoro, la famiglia, la salute, non possono prescindere dal diritto all’abitazione, che diventa quindi un principio determinante per lo sviluppo della libertà. Questo principio lo si trova evidente nella Costituzione, nella Convenzione Onu e in alcune pronunce della Corte costituzionale, tra le quali è importante richiamare la sentenza n. 217 del 25 febbraio 1988.
La Suprema corte, infatti, scrive: “Siamo tutti chiamati a creare le condizioni minime di uno Stato sociale, concorrere a garantire al maggior numero di cittadini possibile un fondamentale diritto sociale, quale quello all’abitazione, contribuire a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana, sono compiti cui lo Stato non può abdicare in nessun caso”.
In questa cornice la Fondazione Housing Sociale (FHS), che rappresento, inizia la propria attività nel 2004 promossa da Fondazione Cariplo con la partecipazione e il sostegno della Regione Lombardia e dell’ANCI Lombardia con la missione di sviluppare il Progetto Housing Sociale e promuovere nella nostra regione e nel Paese il proprio sviluppo e il rafforzamento del settore.
Il progetto nasce sulle fondamenta dell’impegno di Fondazione Cariplo sul tema dell’emergenza abitativa intervenendo nel settore dell’edilizia privata sociale con bandi dedicati a fondo perduto.
FHS, per sua natura giuridica, non ha scopo di lucro, persegue fini di solidarietà sociale e intende attraverso competenze tecniche e umane contribuire a risolvere il problema abitativo, con riguardo particolare alle situazioni di svantaggio economico e/o sociale, nonché favorire la creazione di contesti abitativi per sperimentare relazioni positive con gli altri abitanti della comunità, supportati da una rete di servizi. La missione passa attraverso l’housing sociale e il welfare comunitario, ovvero l’insieme di azioni, iniziative e strumenti che favoriscono le condizioni migliori affinché i beneficiari possano vivere relazioni umane dignitose, ricche e significative.
Fondazione Housing Sociale è oggi principalmente attiva come promotore del settore nel suo complesso e come advisor tecnico-sociale dei fondi che investono in housing sociale in Italia, fornendo assistenza nella progettazione degli aspetti urbanistici, architettonici e sociali dei progetti e supporto nell’accompagnamento sociale delle comunità di abitanti. Fondazione Housing Sociale, grazie alla determinazione del presidente Guzzetti, ha avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo del settore dell’housing sociale in Italia, promuovendo la nascita del primo Fondo investimenti per l’abitare, gestito da CDPI SGR, alla base del Sistema integrato dei fondi (attivato alla luce del Piano Nazionale di Edilizia Abitativa di cui al DPCM del 16 luglio 2009) in grado di realizzare progetti di housing sociale su tutto il territorio nazionale.
Ulteriore missione della Fondazione è quella di favorire la realizzazione di strumenti per la promozione dell’housing sociale e, nella diffusione delle competenze sul tema, promuovendo momenti formativi come, ad esempio, il master di Housing sociale e collaborativo, in partnership con il Politecnico di Milano, e la pubblicazione dei manuali Il gestore sociale. Amministrare gli immobili e gestire la comunità nei progetti di housing sociale (2011), Realizzare Housing Sociale. Promemoria per chi progetta (2015), Starting up communities, un design-kit per l’abitare collaborativo (2016).
Privati, ma non solo
Quando si parla di housing sociale in Italia, generalmente e sinteticamente, s’intende una residenza in locazione a canoni calmierati e in vendita a canoni convenzionati, per lo più realizzata da privati, ma non solo. Questo tipo di offerta è compreso in ciò che tecnicamente viene chiamato ERS (Edilizia Residenziale Sociale).
Sottolineo in Italia, perché diversamente, nel resto d’Europa, con il termine social housing, si intende l’offerta abitativa complessiva, sia a canoni e prezzi calmierati sia sociale, che risponde a bisogni specifici espressi da quella parte di popolazione che non accede alle proposte del mercato. Si tratta di un’offerta abitativa molto articolata che comprende alloggi in locazione a diversi canoni, più o meno sussidiati dal pubblico, in grado di rispondere ai diversi livelli di bisogno, ma che include anche alloggi in vendita a canoni convenzionati o messi a disposizione attraverso formule di accompagnamento all’acquisto.
Nella maggior parte dei Paesi europei l’housing sociale si connota come un sistema regolato da una governance pubblica, più o meno accentuata, e costituito da un insieme di operatori pubblici e privati che sviluppa e gestisce gli immobili.
A questo proposito è opportuno ribadire che l’housing sociale per definirsi tale deve essere caratterizzato dai seguenti interventi:
• soddisfare i bisogni abitativi di diverse fasce di popolazione, con riferimento al reddito e con particolare attenzione a specifiche categorie tra cui gli anziani, precari, le persone con disabilità, le famiglie mono-genitoriali, i giovani e tutte le fragilità;
• strutturare interazione tra soggetti pubblici e privati;
• offrire soluzioni abitative e di contratto di accesso corrispondenti a una ricca e diversificata appartenenza sociale;
• realizzare opere con destinazioni miste che oltre al comprendere il residenziale favorisca spazi commerciali, culturali-ricreative e artigianali;
• favorire la presenza di spazi in grado di garantire servizi di varia natura e in particolare attività socioassistenziali, sanitari e di accompagnamento in grado di favorire lo sviluppo della comunità sia residente che di vicinato;
• coinvolgere i residenti nella gestione della comunità e delle residenze.
Il nostro Paese è al primo posto in Europa per abitazioni in proprietà, elemento sicuramente positivo in senso assoluto, ma al contempo certifica che le politiche abitative pubbliche, a eccezione del tentativo naufragato a equo canone, non hanno mai favorito con ammortamenti fiscali in maniera adeguata il mercato dell’affitto, alimentando un mercato libero che nel tempo è cresciuto in termini onerosi, soprattutto nelle grandi città, creando una selezione sulla base del reddito disponibile, limitando di conseguenza l’accesso a una parte consistente della popolazione. Inoltre, a partire dal 1990, il blocco degli affidamenti di edilizia popolare ha ulteriormente aumentato il disequilibrio del mercato immobiliare. A questo proposito è giusto ricordare che il nostro Paese su questo tema è fra gli ultimi in tema di edilizia pubblica: le case popolari soddisfano solo il 3,5% del mercato abitativo.
Infine, i dati economici sono evidenti nel certificare che una parte rilevante della popolazione, in particolare i giovani, dispongono di risorse sostanzialmente basse, nella maggior parte dei casi insufficienti, per affrontare adeguatamente la necessità abitativa. All’orizzonte oggi si intravede, però, una grande occasione, il PNRR potrà sostenere e rafforzare il partenariato tra pubblico e privato, applicato a progetti di rigenerazione e di nuova produzione di edilizia residenziale sociale, una possibilità che si sta consolidando nel modus operandi della pubblica amministrazione. Nel resto d’Europa questa modalità costituisce, nell’ambito dell’offerta abitativa, una scelta piuttosto comune, e ciò particolarmente quando si tratta di strutturare grandi progetti urbani e rigenerare i grands ensembles di residenza sociale. Si tratta di progetti nei quali è indispensabile gestire la complessità di tutte le fasi di trasformazione del quartiere e predisporre in modo coordinato le diverse offerte residenziali, al fine di rispondere efficacemente e nei tempi previsti all’articolazione della domanda dei residenti esistenti e futuri.
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Urge un sistema ampio e coordinato
In Italia, al contrario, esiste ancora una marcata separazione tra l’intervento esclusivamente pubblico, l’intervento privato e quello pubblico-privato, e di conseguenza anche una persistente separazione tra le tipologie d’offerta e i conseguenti destinatari; anche se, negli ultimi vent’anni, il settore ha concretamente posto le basi per la costruzione di un sistema dell’housing sociale ampio e coordinato.
Grazie a queste esperienze, riusciamo oggi a intravedere con chiarezza l’emergere di un possibile sistema, costituito da un complesso di attori che finora si è sincronizzato solo in modo estemporaneo e occasionale, ma che ha consolidato negli anni alcune prassi collaborative e ne ha potuto esplorare l’efficacia.
Certo, per arrivare a costruire un sistema che condivida obiettivi, regole e prassi, c’è ancora molta strada da fare, con scelte che non saranno semplici, perché hanno l’ambizione di smuovere prassi consolidate e dovranno scontrarsi con la resistenza al cambiamento, per molti versi naturale, che tende a chiudersi in posizioni di difesa o la difficoltà culturale di affrontare il “nuovo” per via di iniziative in partenariato che paiono molto complesse. È presente anche una questione di procedura, perché oggi non abbiamo degli strumenti amministrativi capaci di favorire i processi decisionali del pubblico e nemmeno strumenti normativi che agevolino il coordinamento delle iniziative miste, in modo equo e chiaro. In ogni caso i tempi sembrano essere oggi maturi, per iniziare a pensare a come realisticamente strutturare dei percorsi specifici per iniziative pubblico-private di interesse collettivo e per dare una forma riconoscibile a un sistema di attori che opera in questa direzione.
Definire una programmazione a lungo termine di politiche abitative capaci di mettere a sistema il contributo pubblico e privato è indispensabile per immaginare non una risposta unica, ma un sistema dinamico che consenta sperimentazioni a più livelli, che apra finalmente la strada a un sistema dell’edilizia sociale in grado di affrontare progetti di rigenerazione urbana e non di semplice recupero edilizio, come purtroppo, inevitabilmente, sta accadendo.
Sorge quindi spontanea e legittima la domanda, se e quanto, oggi e a sufficienza, stiamo lavorando insieme per dare una risposta “di comunità” ai bisogni delle persone. La risposta è da scrivere nella nostra capacità di riportare al centro del dibattito pubblico questo diritto che sarà lo specchio attraverso il quale potremo regalare alle prossime generazioni un Paese più giusto e più moderno.