Nella vita delle persone il passaggio alla maturità avviene grazie a delle scelte, anche radicali. Cambiare non è facile, ma è necessario per vivere. Non saper compiere delle scelte segnala una personalità bloccata in uno stato adolescenziale. È quello che troppo spesso accade al nostro Paese che sembra non riuscire a decidersi rispetto a esigenze, certo complesse, ma chiare. Esse riguardano una correzione dell’architettura istituzionale, l’impostazione di una politica economica, il rafforzamento di strumenti che favoriscano la coesione sociale. Come se in un’automobile mancasse la benzina e la cinghia di trasmissione fosse usurata.
La domanda che sorgerebbe è: non c’è nessuno alla guida? E se c’è qualcuno dove pensa di andare? Eppure la storia d’Italia ha tracciato alcuni principi essenziali su cui poter ripartire: la centralità della persona e ciò che da questo deriva, ovvero la solidarietà, la capacità costruttiva, la libertà, la responsabilità.
Quello che appare più fragile in questo momento è il primato della politica e, di conseguenza, la difficoltà a ricostituire una classe dirigente eletta da congressi ed espressione di organizzazioni ben radicate sul territorio. Tale debolezza porta con sé la difficoltà a trovare soluzioni condivise pur partendo da ideali contrapposti, come accadde durante l’Assemblea costituente.
Eppure, nei diversi schieramenti ci sono senz’altro persone lontane da posizioni radicali e populiste che sono in grado di prendere decisioni sapendo trovare soluzioni di compromesso.
È possibile, pur nel doveroso gioco politico dell’alternanza fra maggioranza e opposizione, individuare contenuti condivisi per promuovere il bene del Paese?
Limitandosi ai problemi relativi all’architettura istituzionale, uno dei temi nell’agenda politica in questo momento è quello dell’autonomia differenziata. Prima ancora che evidenziare un conflitto tra Stato e regioni, tra partiti pro e contro, il dibattito ha finora messo in luce una grave difficoltà nel perseguire una visione complessiva del Paese, dal Sud al Nord. Quale idea di paese contiene il progetto sull’autonomia regionale? Per non lasciare il Mezzogiorno al suo definitivo declino occorre investire in un progetto che lo promuova come centro del Mediterraneo. Sarebbe il modo per rilanciare tutto il Paese.
Inoltre, in un territorio già così disuguale, come stabilire i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) per ridurre le disuguaglianze senza risorse aggiuntive? E come la loro definizione possa avvenire in una commissione “tecnica” senza un vero dibattito parlamentare? Infine, quale idea di Paese può essere quella – comune a tutti - che considera il rapporto tra livelli istituzionali diversi, ma non quello tra istituzioni e corpi intermedi (sussidiarietà orizzontale)?
In generale, il cuore di qualsiasi scelta che segni la maturazione del sistema Paese deve superare il tentativo di riforme fatte a pezzi e a colpi di maggioranza e deve aprire una vera fase costituente che comprenda in modo organico la ridefinizione dei rapporti tra i tre poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario), il ruolo di una seconda camera dedicata alla relazione tra autonomie locali e potere centrale, finalmente una riforma elettorale che ridia ai cittadini la possibilità di scegliere chi vuole eleggere. L’incontro con il presidente della Corte costituzionale, Augusto Barbera, all’imminente Meeting di Rimini rappresenterà un’occasione per rilanciare tali tematiche. Meglio scegliere di fare prima di essere costretti da un futuro drammatico.
Per gentile concessione de La Repubblica