“Oggi ho imparato una lezione importante: la solidarietà ha un potere immenso, quello di attraversare i muri più alti, i confini più solidi. Di unire persone con le storie più diverse e le motivazioni più lontane. Possiamo scegliere di ignorare questa potenza, oppure farne parte”.
Questo messaggio su Facebook dell’assessora al Welfare e innovazione sociale, Martina Villa, segna un passo significativo in un cammino che a Buccinasco, hinterland milanese, si sta intraprendendo per far fronte ai bisogni crescenti delle persone in difficoltà.
Villa scrive questo post dopo avere incontrato il locale Banco di Solidarietà, aver passato un po’ di tempo con i suoi volontari mentre preparavano i pacchi di alimenti per le famiglie bisognose e aver dialogato con loro ascoltando racconti e riflessioni. Durante il dialogo l’assessora ha espresso il desiderio di aiutare il Banco, come amministrazione comunale, senza entrare nel rapporto tra opera e assistiti, che ha capito essere l’essenza e la forza di questa realtà.
Qualche giorno dopo il Banco ha ricevuto la notizia che il Comune è intenzionato a donare 1.000 euro come regalo di Natale per sostenere le famiglie che questa opera assiste. Un gesto semplice, spontaneo e ragionevole, che apre in realtà un tema complesso e importante: quello del rapporto tra amministrazione pubblica, realtà del privato sociale e cittadini.
Non è scontato che laddove in un territorio ci siano realtà non profit con esperienza, know-how, qualità del servizio, un’amministrazione sappia sostenerne l’operato, anziché insistere sull’aiuto individuale.
Il passo innovativo compiuto con gli articoli 55 e 56 del Codice del Terzo settore, che introducono l’amministrazione condivisa tra Pa e privato sociale, e la sentenza 131 del 2020 della Corte Costituzionale, consiste proprio nell’aprire a questa prospettiva. La novità è nell’affermare che l’interesse generale è realizzato anche dall’apporto del Terzo settore, che vi concorre sullo stesso piano del sistema pubblico in senso stretto, grazie a un rapporto tra le parti costruttivo e innovativo.
Mettere in pratica questo principio è tutt’altro che semplice e gli esperti stanno ancora studiando gli strumenti giuridici più adeguati per farlo. Intanto però i tentativi per far fronte a povertà, emarginazione ed esclusione proseguono e mettono in luce altri importanti punti del problema. Come ad esempio, la difficoltà delle realtà sociali di lavorare insieme mettendosi in rete.
Sempre nell’ambito della mobilitazione che a Buccinasco è in atto per rispondere al disagio socioeconomico aumentato in seguito alla pandemia, è stato realizzato un progetto, “Più forti insieme!”, finanziato da FCM (Fondazione di Comunità Milano) che ha visto il coinvolgimento di Fondazione AVSI, in partenariato con il Banco Farmaceutico, il Banco di Solidarietà, l’Associazione Sportiva Dilettantistica Santa Marta e il Centro Sportivo Romano Banco.
Le attività riguardano la povertà sanitaria e alimentare per garantire l’accesso a medicinali e beni di prima necessità, e la ricostruzione di una maggiore integrazione e coesione sociale attraverso attività sportive e ricreative rivolte a tutti i minori e a persone diversamente abili.
Il bando prevedeva il coinvolgimento di una “rete” di realtà presenti sul territorio disponibili a collaborare tra loro.
Questo ha fatto emergere alcune domande all’interno delle opere: secondo alcuni, in presenza di finanziamenti esterni, la natura di realtà sociali sostenute solo da volontari, poteva essere alterata. E poi: dal momento che i bandi prevedono finanziamenti “a tempo”, potrebbero “drogare” le opere o sono comunque opportunità di crescita e maggiore “sostenibilità”?
Si è avviata una riflessione comune a dimostrazione che nessun cambiamento può avvenire solamente grazie a mutamenti normativi, ma nasce quando le persone impegnate nella solidarietà fanno un salto nella loro autocoscienza e responsabilità.
A Buccinasco si è convenuto che, attraverso la rete, ciascuna opera è in grado di intercettare e rispondere a bisogni più ampi di quelli di cui si occupa singolarmente. E si è anche concluso che i bandi e i soldi sono solo strumenti e che un’opera si snatura se perde consapevolezza del compito che ha e dell’origine che l’ha ispirata.
Anche nel rapporto con l’ente pubblico non ci si può aspettare un consenso a priori, ma occorre incontrarsi e imparare a conoscersi, oltre ogni diffidenza e pregiudizio. Perché quando si mette al centro il bisogno delle persone e ci si muove con umiltà e pazienza, c’è la possibilità di incontrarsi e di creare legami fruttuosi anche tra chi proviene da storie e culture diverse. È questa la forza della cultura della sussidiarietà.