In collaborazione con Fondazione per la Sussidiarietà.
Dialogo con Stefano Barrese, Responsabile della divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo; Maria Bianca Farina, Presidente Ania; Francesco Mutti, Amministratore Delegato Mutti Spa, Presidente Centromarca. Interviene Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia e delle Finanze. Modera Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà.
I temi economici in agenda sono tanti e urgenti (su tutti quello del lavoro e della disuguaglianza). Ma “senza un’idea chiara di quale modello di sviluppo si vuole perseguire, senza un pensiero di lungo periodo, sarà difficile gestire anche il breve”. Questo ha affermato Giorgio Vittadini dando il là al dibattito.
Il ministro Giancarlo Giorgetti accoglie la suggestione di Vittadini sul bisogno di misure dello sviluppo che vadano oltre al Pil, il quale non permette di considerare elementi importanti come quello ambientale e sostenibile, in senso lato. Un sistema infatti si regge se tra le generazioni si instaura un “patto”, una continuità. Da questo punto di vista il tema della denatalità è decisivo. Non c’è nessuna riforma previdenziale che possa tenere con l’attuale andamento demografico.
In queste fasi di grande cambiamento il ruolo del pubblico diventa fondamentale nell’accompagnare le transizioni e promuovere la nuova imprenditoria. Ma il pubblico non è solo lo Stato. La commissione europea e la Banca centrale europea incidono fortemente sulla dinamica economica quotidiana locale. Nulla è gratis, le risorse pubbliche vanno usate nel migliore dei modi. Come governo siamo chiamati a decidere delle priorità, e dovremo intervenire a favore dei redditi medio bassi. Spero che in Europa quando a settembre decideremo sulle nuove regole se ne tenga conto. Il motto deve essere non fare in fretta ma fare bene.
Stefano Barrese si è incarico di delineare il ruolo delle banche in una visione di sviluppo sostenibile. Il profitto non può essere l’unico obiettivo che una banca si dà. L’obiettivo ultimo deve essere sempre la persona, la comunità, i territori. Una banca deve permettere a chi fa impresa di farla meglio, con i giusti tempi; deve poter offrire al Terzo settore una lettura del rischio che permetta di ottenere il credito, e permettere anche a chi non ha mezzi di realizzare il suo potenziale. Diversamente non si dà sviluppo.
Concretamente noi diamo ai giovani finanziamenti rimborsabili con tassi gestibili in 30, 40 anni, non solo per i corsi, ma anche per poter studiare in una città diversa da quella di origine. Attraverso il profitto generato aiutiamo circa 30 milioni di persone con farmaci, cibo, vestiti.
Il rapporto tra banche e istituzioni pubbliche è molto stretto. Il supporto che diamo ai giovani nel comprare casa avviene attraverso una garanzia che lo Stato eroga. Ma bisogna fare di più per invertire la tendenza che porta il 50% dei nostri laureati ad andare all’estero, e per diventare sempre più attrattivi per i laureati degli altri Paesi.
L’Italia è un paese che ha un potenziale enorme. Quando l’Italia supera le contrapposizioni (anche tra pubblico e privato) e si muove unita non ce n’è per nessuno.
Dobbiamo abituarci a ragionare in modo diverso dagli anni 70 in cui lo sviluppo è stato innescato aumentando la domanda. Invece ci si deve concentrare sul lato dell’offerta e del lavoro, sul tema della qualità, della giusta remunerazione. Bisogna creare un ambiente favorevole allo sviluppo e alla nascita di nuovi imprenditori. Riuscirà in qualche modo il sistema creditizio, con le nuove regole di oggi, a valutare correttamente il merito di credito del nuovo imprenditore che rinuncia al reddito immediato per investire sul futuro? È una fase di grandi cambiamenti, confidare unicamente nella mano invisibile del mercato non è la soluzione migliore.
Francesco Mutti rappresenta il punto di vista dell’impresa. Cosa vuol dire per un imprenditore sviluppo sostenibile, quando il fine di una impresa rimane comunque il profitto? Cosa implica cambiare ottica?
Il tema del profitto riguarda le modalità in cui viene allocato. Il profitto permette alla società di andare avanti: attraverso le tasse vengono garantiti il servizio sanitario, la sicurezza, la qualità del lavoro. Il ruolo sociale di un’impresa inizia da dentro la propria organizzazione, dal modo con cui si fanno crescere i propri collaboratori o si trattano i fornitori.
Ma siamo andati anche oltre. Infatti stiamo costruendo un luogo di ritrovo, una struttura per anziani e studenti, ci prendiamo cura di una organizzazione di volontari, la Croce Azzurra. Insomma, un’impresa deve essere capace di allocare al meglio le proprie risorse, per creare qualcosa che sia più vasto del mero valore economico.
L’Italia è un paese piccolo, occupa lo 0,6% delle terre emerse, eppure abbiamo un ruolo economico ancora importante. In una economia che evolve rapidamente dobbiamo capire quale ruolo giocare, lavorando su quello che sappiamo fare: la qualità, la capacità di creare prodotti eccellenti, il made in Italy.
Dallo Stato ci aspettiamo che crei condizioni idonee, quali il rispetto delle regole del gioco, e l’uscita dalla logica dello sfruttamento per passare a quella della valorizzazione. Salario minimo, attrattività per i giovani laureati, cura dell’ambiente, e superamento della contrapposizioni sterili. Occorre la capacità di tratteggiare le rotte principali, ma generare ricchezza è il primo elemento da mettere al centro.
Maria Bianca Farina interviene sul ruolo centrale delle assicurazioni per lo sviluppo del paese, in particolare nell’integrazione dei servizi di welfare pubblici e nella prevenzione dei rischi. Il caso della salute: oggi avremmo bisogno di tante risorse aggiuntive, che il pubblico non può mettere in campo in quanto il debito pubblico è altissimo. Drenare dalla fiscalità risorse aggiuntive quante ne servirebbero, è quasi impossibile.
La mutualizzazione assicurativa che integri i finanziamenti pubblici con quelli privati, e una regia pubblica, che garantisca una spesa più accurata delle risorse, può offrire soluzioni e costi adeguate. Oggi siamo fanalino di coda in Europa. Essere scoperti di fronte ai rischi significa non poter investire abbastanza, non gestire le proprie finanze.
Credere che la sola crescita risolva tutto è un errore che molti governi hanno commesso. Oggi ci sono 5 milioni di persone in estrema povertà quando nel 2006 ce ne erano due milioni. Non basta la crescita del Pil a creare benessere. I valori di coesione sociale sono fondamentali. Conciliare il libero mercato con i valori dell’uomo è qualcosa di molto complesso. Il contributo del settore assicurativo alla domanda di welfare sarà sempre crescente, oggi in Italia sono 4 milioni gli ottantenni, questo richiederà assistenza maggiore. Gli assicuratori sono tra gli investitori istituzionali più importanti, il PNRR consentirà una svolta ma quelle risorse non saranno sufficienti per tutti gli investimenti di cui ha bisogno il paese.