Anche durante la pandemia e ora con la guerra in Ucraina è cresciuto il ruolo del non profit. In Emilia-Romagna ci sono oltre 500.000 volontari, circa una persona ogni 8 di età superiore a 14 anni. Gli italiani che partecipano ad attività associative sono 10,5 milioni.
È quanto emerge da un'analisi della Fondazione per la Sussidiarietà, in occasione del convegno organizzato da Bologna Bene Comune per presentare il libro "Una società di persone?". All'evento, presso il Camplus Bononia, partecipano, fra gli altri, Maurizio Carvelli, Amministratore delegato Fondazione CEUR, Enrico Biscaglia, Presidente Bologna Bene Comune, Stefano Bonaccini, Presidente Regione Emilia-Romagna e Tiziano Treu, Presidente CNEL e Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà.
L'Emilia-Romagna si conferma una regione molto "generosa", con oltre 24.300 associazioni non profit, una ogni 163 abitanti, con un'incidenza superiore alla media nazionale (una ogni 170 abitanti). Circa due terzi delle associazioni si occupano di cultura, sport e tempo libero, mentre l'11% di sanità e assistenza sociale. Il resto si occupa di formazione, ambiente, lavoro e religione. Gli addetti del terzo settore sono oltre 78.200, ovvero un occupato su 20 (circa il 5%) lavora in una associazione. Oltre il 70% sono donne.
L'Emilia-Romagna si colloca sopra la media nazionale come numero di persone che sostengono con contributi l'attività delle organizzazioni non profit: sono circa 620.000, pari al 16% degli abitanti di età superiore a 14 anni, rispetto alla media nazionale del 13%.
Ufficio Stampa Fondazione per la Sussidiarietà
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