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Comunità e territori dopo la pandemia

Nuovi luoghi del vivere:
le prospettive dell’abitare

  • GEN 2022

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Favorire relazioni autentiche tra le persone e con la natura. Puntare sulla sostituzione urbana e una progettazione adeguata alla domanda giovanile. Coinvolgendo insieme pubblico, privato e terzo settore. Sviluppare housing sociale e mobilità attiva, non motorizzata. Contributi di Tim Ingold, Nigel Dunnet, Stefano Boeri, Roberto Zucchetti, Alessandro Rosina, Stefano Zamagni e altri

Questo numero è dedicato al tema dell’abitare, che necessita di essere ripensato per progettare soluzioni nuove. L’urgenza - non da ora presente ma fortemente evidenziata dal vivere nel tempo della pandemia - è di un nuovo “vivere insieme” in spazi che favoriscano relazioni umane più autentiche e un rapporto non di sfruttamento ma di interazione con la natura e la biodiversità.

È una sfida che non può non prendere le mosse da una riflessione antropologica, con i contributi di Tim Ingols, antropologo, e di Nigel Dunnet, una delle voci più autorevoli in tema di progettazione del verde.

Da questo punto di vista occorre mettere mano, secondo Stefano Boeri, a una vera e propria rigenerazione urbana, anche attraverso maxi piani di sostituzione edilizia, in direzione di una città aperta e policentrica, che valorizzi o crei poli di rigenerazione umana. Accogliendo innanzitutto - è l’istanza del demografo Alessandro Rosina - e dando forma alla domanda soprattutto delle giovani generazioni. Forme fisiche diverse di prossimità è la direzione indicata dall’antropologa Alessandra Lucaioli per non perdere la dimensione della “corporeità”, mentre l’esperienza delle cooperative di comunità supporta la tesi di Massimiliano Monetti della Confcooperative sul rilancio che occorra concepire reti che riscattino anche luoghi ritenuti periferici, in una visione che non contrapponga città e territori.

In questa ampiezza di orizzonti, non può più essere la sola amministrazione pubblica il soggetto guida. Occorre invece – sostiene Anna Prat, architetto e urbanista – una cabina di regia composta dai soggetti pubblici e privati, del mondo economico e del terzo settore.

Stefano Zamagni popone l’accento sulla dimensione culturale e richiama la necessità di fondo di offrire alle persone, che con la pandemia si sono scoperte tutte vulnerabili, spazi favorevoli a costruire la propria identità nella relazione con l’altro. Non ci sarà civitas senza comunità.

Sul rilancio dell’housing sociale e di politiche abitative che mettano a sistema la collaborazione pubblico-privato, creino forme nuove e differenziate, in linea con la rigenerazione urbana indicata da Boeri e non basata sul semplice recupero edilizio si diffonde Alberto Fontana. Come cambierà la mobilità urbana è oggetto del contributo di Roberto Zucchetti: in primis, riqualificare strade e marciapiedi fa favore della mobilità “attiva”, cioè non motorizzata.

Segue un approfondimento su Milano come “laboratorio creativo”, per radici storiche (Gianluigi Da Rold) e per la fisionomia contemporanea di città dell’economia e del lavoro (Lanfranco Senn).

Chiudono questo numero di Nuova Atlantide due “focus” sull’abitare in megalopoli in continua metamorfosi come San Paolo in Brasile e Shangai in Cina, dotate di grandi reti di trasporto e di una buona presenza del verde, ma anche sommerse dall’inquinamento.

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