Trimestrale di cultura civile

Paradossi e differenze delle Tre Afriche

Un mondo come questo è in grande parte ancora sconosciuto. Va compreso. E comprenderlo è un passaggio chiave per non cedere alla tentazione di conquistarlo come in passato, magari con altri mezzi. Conoscere il Continente è dunque un’attività impegnativa, ma fondamentale. Ecco allora perché è opportuno, innanzitutto, procedere con un approccio storico e misurarsi così con le pagine drammatiche del colonialismo. E attraverso questo necessario percorso si arriva a scoprire che le Afriche non sono solo quell’enorme triangolo che divide gli oceani, una terra sconfinata, tribale e del tutto marginale nella storia dello sviluppo dell’umanità. Una bella e sorprendente scoperta, insomma. 

L’impegno principale dovrebbe essere questo: comprendere l’Africa. Meglio: le Afriche. Siamo sicuri di conoscerla? Possiamo dire tranquillamente di no.

La colonizzazione dell’Africa è una delle pagine più buie della storia dell’umanità, non solo per quello che avvenne per tanti secoli, ma perché la vera storia dell’Africa, la stessa composizione umana, sociale e politica, sembra solo un argomento per specialisti e questo grande continente, un enorme triangolo che divide gli oceani, sembra spesso una terra sconfinata, tribale, ma del tutto marginale nella storia dello sviluppo dell’umanità. E la decolonizzazione, così come avviene, non ce la fa conoscere.

E invece quella storia è ricchissima di umanità: si pensi ai missionari cristiani da un lato e dall’altro all’essenza della colonizzazione, piena di brutalità, di invasioni, di saccheggio di risorse e di autentico imperialismo capitalistico, dove la forza lavoro era merce da esportare attraverso la schiavitù che, incurante delle persone, era diventata una vera e propria scelta economica.

Chiariamo un fatto che spesso è dimenticato: la storia del colonialismo in Africa è un susseguirsi di arrivi da altri mondi, altri continenti. L’insediamento era per lo più militare, fatto da uomini che impongono altre culture e altri modi di vivere.

Pochi, parlando di Africa e di colonialismo, si soffermano ad esempio sulle incursioni e gli stanziamenti operati dagli arabi e da quelli turco ottomani. Furono anche quelli disumani e feroci.

Consultando libri anche di esperti, il colonialismo che si accosta all’Africa è soprattutto quello europeo e avrebbe una data storica di partenza: il 1881, anno in cui la Francia proclamò il suo protettorato in Tunisia. C’è pure, se così si può dire, una data di arrivo, il 1980, anno in cui venne riconosciuta l’indipendenza della Rhodesia, ultima colonia europea in Africa. Ma in realtà i tempi veri sono altri. Da molti secoli l’Africa era una delle “prede” anche di tanti stati europei e le azioni risalgono al 1400, sia nella versione araba, turco ottomana, sia in quella europea.

Protagonisti del colonialismo: Francia, Gran Bretagna, Portogallo

Soffermiamoci per ora schematicamente sulla colonizzazione europea. L’epoca della corsa all’Africa ebbe come protagonisti per numero di acquisizione di territori Francia e Gran Bretagna e, in misura minore, Germania, Portogallo, Italia, Belgio e Spagna.

Tuttavia con il tempo, l’influenza di carattere politico e sociale avrebbe avuto la preminenza di tre nazioni in particolare: Francia, Gran Bretagna e Portogallo.

Qualcuno ricorderà due immagini: la prima è quella di Papa Alessandro VI, che divide i possedimenti spagnoli da quelli portoghesi con la bolla Inter caetera del 1493. L’accordo fu poi precisato l’anno successivo nel Trattato di Tordesillas. La bolla del Papa veniva dopo la scoperta dell’America da parte di Colombo, ma era comunque una linea immaginaria che passava tra il polo Nord e il polo Sud. La linea tagliava un’area di cento leghe (circa 640 chilometri) a ovest delle Isole di Capo Verde.

La linea aveva lo scopo di evitare una guerra di fronte alle terre scoperte e alla continua espansione delle nazioni europee (Spagna e Portogallo per un primo periodo). In quell’epoca sembrava utile, perché la scoperta dell’America (le “nuove Indie”) aveva scatenato una sorta di prima violenta globalizzazione verso ogni terra conquistabile, in un’epoca che era contrassegnata da uno sconvolgimento storico impressionante dopo la caduta di Costantinopoli del 1453.

Sono le premesse lontane della colonizzazione dell’Africa, perché allora si pensava, appunto, soprattutto ai territori sconfinati delle “nuove Indie” come fece la Spagna nel Sud America. Ma quella divisione fatta dal Papa dimostrava la capacità dei portoghesi di andare per il mondo e di conquistare tante terre.

È significativo che il Brasile, di lingua portoghese, ebbe sempre una sua influenza su Angola e Mozambico che parlavano la stessa lingua. Qualcuno arrivò a immaginare un unico stato, anche se diviso dall’oceano, tra Brasile, Angola e Mozambico. I portoghesi erano arrivati in Angola nel 1478 e in Mozambico, con Vasco de Gama, nel 1493. Quelle incursioni erano l’anticipazione di ciò che sarebbe poi avvenuto nell’Ottocento, ma assegnava ai portoghesi una volontà che si imponeva come la terza forza europea, addirittura radicata, non solo presente in Africa.

Il Continente nell’Ottocento

Cerchiamo a questo punto di dare un’idea di come era divisa l’Africa in pieno Ottocento. C’era un’Africa occidentale francese e un’Africa equatoriale francese. Nella prima faceva parte l’Algeria innanzitutto, fin dal 1830, poi la Tunisia e quindi la Mauritania, il Senegal, la Guinea, il Mali, la Costa d’Avorio, il Benin, il Ciad, la Repubblica Centroafricana, una parte del Congo.

Era un autentico impero coloniale, che aveva insediamenti anche fuori dall’Africa e che cominciò a declinare dopo la Seconda Guerra Mondiale ed ebbe il suo culmine nella Guerra di Algeria, nella grande ribellione vittoriosa di Ahmed Ben Bella, che può definirsi il padre della patria algerina e che la governò dal 1962 al 1965, quando fu deposto da un colpo di stato.

Se pensiamo a una seconda Africa, dobbiamo guardare alla Gran Bretagna, con la parte occidentale che contemplava il Gambia, la Sierra Leone, la Costa d’Oro che poi divenne Ghana, e la Nigeria. Dello stesso impero facevano parte la Rhodesia meridionale, che divenne indipendente come Zimbabwe, il Kenya che divenne indipendente nel 1963, un anno dopo l’Algeria francese. E infine c’erano due protettorati britannici: l’Uganda e Zanzibar.

Una situazione a parte riguardava il Sudafrica, prima olandese poi inglese. Infine la formazione dell’Unione Sudafricana diventata indipendente nel 1961.

Quindi l’Africa portoghese con la splendida e ricchissima Angola, il Mozambico, Capo Verde, Guinea Bissau, Sao Tomè e Principe.

Quante volte bisognerebbe rifare la carta geografica dell’Africa? Quanto hanno lasciato “in eredità” e quanto hanno cambiato le persone le tre Afriche che si erano insediate e abbiamo ricordato?

Quello che oggi interessa comprendere, per avere un mondo globalizzato, distinto nelle sue identità, ma unito nel progresso sociale in una realtà di grandi relazioni segnate dalla pace e non dalla conquista bellica, è conoscere l’Africa nelle sue differenze secolari, le sue culture differenti, le storie dei suoi territori, le sue varie religioni e i rapporti con le altre grandi religioni. Quello che interessa è conoscere le differenze africane e non pensare più all’Africa come una sconfinata terra dominata dal tribalismo e lontana dalla possibilità di sviluppare un pensiero democratico.

L’influenza sconosciuta delle donne Tuareg

Insomma, basta solo ragionare un poco per comprendere che l’Africa non è un grande “monolite” immobile, relegato nel sottosviluppo millenario. Basta passare dalla terza città libica, Misurata, e raggiungere la mitica Timbuctu nel nord del Mali e poi il Senegal, attraversando l’immenso deserto del Sahara, per imbattersi nella cultura dei Tuareg, nella loro lingua e nella loro religione che appartiene all’Islam, ma dove le donne hanno un’influenza sconosciuta in altre parti del mondo islamico: sono l’unica moglie di famiglie che sviluppano una loro cultura di rapporti umani.

Non vanno conosciuti solo i territori, artificialmente unificati dal colonialismo, vanno approfonditi i rapporti tra gli uomini, il concetto di “negritudine”, una scuola e un concetto letterario che si sviluppò nell’Africa francese.

Poi, passando in altre zone, si scoprirà che i portoghesi emigravano volentieri in Africa e uomini e donne mettevano su volentieri famiglia con angolani e mozambicani. Cosa che non avveniva nei possedimenti inglesi e anche in quelli francesi. Infine la scoperta del pensiero di grandi uomini come Franz Fanon, Patrice Lumumba, Leopold Senghor, Ben Bella e Nelson Mandela.

Studiando e guardando attentamente l’Africa scopriremo grandi paradossi e grandi differenze: i luoghi dove si vendevano gli schiavi e gli oratori di Luanda, capitale dell’Angola, ribattezzata la Nizza d’Africa, dove negli anni Novanta si potevano vedere suore di Saronno che insegnavano ai bambini.

Se la globalizzazione va governata con saggezza, bisogna conoscere gli uomini che vengono in Europa perché cercano un lavoro che nei loro Paesi ancora non c’è. Con il confronto delle relative culture e storie quanti errori si potrebbero evitare!

Vale la pena intanto comprendere le tre Afriche e con attenzione studiare le loro differenze anche nel resto di quel grande continente che dal Mediterraneo si affaccia di fronte al polo Sud. E intanto convincersi che l’Africa non è un monolitico grande scoglio tra due oceani che non deve insegnare nulla agli altri uomini di tutto il mondo.

Un mondo come questo ora deve essere compreso, non conquistato come in passato o riconquistato oggi con altri mezzi.

Gianluigi Da Rold è giornalista e scrittore italiano. È stato inviato speciale del “Corriere della Sera” e condirettore della rete regionale della Rai a Milano. Nel 1978, con Tobagi, promuove la fondazione di Stampa Democratica, nuova corrente sindacale del giornalismo italiano.

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